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Tempi stretti per i militari della Guardia di finanza che intendano contestare irregolarità in materia di lavoro. Soprattutto se tali addebiti riguardano fatti per cui la stessa Finanza ha già contestato illeciti tributari. Ciò, come ora precisa la Corte d’appello di Bolzano, con sentenza n. 11/2020, in special modo se la documentazione necessaria era già da tempo stata acquisita dagli accertatori. In sostanza, ove la Guardia di Finanza proceda, a seguito del medesimo accertamento, sia con contestazioni di carattere tributario, sia con successive contestazioni in ordine alle condizioni di lavoro, il Verbale in materia di lavoro, pena la sua invalidità, non potrà tardare oltre 90 giorni dal processo verbale di constatazione (Pvc) relativo ai rilievi fiscali.

La vicenda presa in considerazioni dai Giudici bolzanini, e confermata nei due gradi di merito, riguarda il caso di un hotel che subiva un controllo della Guardia di finanza al termine della stagione turistica estiva. Fin dal primo accesso i militari erano in grado di acquisire le agende e i brogliacci dell’albergo, che riportavano nominativi, numeri di telefono e giornate ritenute dai militari relative a lavoro non registrato. Venivano anche acquisite evidenze documentali relative a supposte corresponsioni «fuori busta». A fronte della documentazione subito raccolta, e dopo avere sentito alcuni lavoratori, i funzionari si convincevano di essere al cospetto di illeciti tributari, con particolare riferimento a non corrette ritenute e dichiarazioni dei sostituti d’imposta. Operate le contestazioni fiscali, gli ispettori attendevano quasi sei mesi per procedere anche alla contestazione dei conseguenti illeciti in materia di lavoro. L’hotel provvedeva allora a difendersi, tra l’altro rilevando la tardività dei provvedimenti in materia di lavoro, ai sensi dell’art. 14, legge n. 689/1981. L’amministrazione non accoglieva le doglianze, rilevando come la Finanza avesse dovuto meglio riscontrare le generalità di alcuni dei lavoratori interessati. Tuttavia, sia il Tribunale di Bolzano, sia in seguito la Corte d’appello, confermavano l’irragionevolezza del termine trascorso per acquisire solo maggiori dati relativi alle persone coinvolte. La posizione della Corte d’appello bolzanina riprende sul punto della ragionevolezza dei tempi dell’accertamento, gli stessi orientamenti già espressi nel tempo Cassazione (cfr. sentenza n. 8326/2018), sebbene spesso dimenticati dai giudici di merito.

I quali tendono a ritenere che qualunque attività di indagine degli accertatori sia sufficiente a non fare «scattare» il termine rigoroso della decadenza ex art. 14, cit.. Così, di fatto, rischiando di «abrogarlo».

di Mauro Parisi

 

[ItaliaOggi n. 126 del 30.05.2020]