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Una norma del collegato lavoro rende finalmente possibile una efficace difesa contro gli accertamenti ispettivi

Annuncio per i Consulenti del lavoro distratti: questa volta ce la si può davvero fare. Fare cosa?, si chiederà qualcuno. Ma come cosa?! Difendersi con ottime prospettive di successo da controlli, accertamenti, verifiche, ispezioni in materia di lavoro e legislazione sociale. E il cielo solo sa quanto ce ne sia bisogno… Tutti all’attacco: ispettori, forze di polizia, agenzie fiscali, vigili urbani, siae, ecc.. Quello dei rapporti di lavoro è un piatto ricco in cui si buttano tutti volentieri. Sia chiaro: perché lo possono fare (quasi tutti, diciamo…) e perché operare la giusta vigilanza sulla correttezza delle relazioni lavorative costituisce un dovere stabilito dalla stessa costituzione previsto. Ma proprio la presenza di tanti protagonisti dell’ispezione, di tanti disparati interlocutori  della giustizia nel lavoro, rende oggi più che mai necessario al Consulente del lavoro l’essere capace di gestire sostanzialmente –e non essere gestito, come ancora troppo spesso accade- le difese in occasione dei controlli ispettivi sul lavoro. Ciò, a tutela del proprio cliente, prestando un servizio oramai indispensabile alle aziende e del tutto ineludibile anche a se stesso, a riprova della propria professionalità. Uno studio di Consulenza del lavoro, oggi, deve sapere operare con puntualità anche nel campo dei contenziosi con l’amministrazione.

Come tutti sanno, l’azione ispettiva è stata a lungo una partita a carte “coperte”. Un gioco di prestigio in cui l’ispettore tirava spesso fuori dal proprio cilindro l’accertamento senza che se ne potesse conoscere il fondamento e, non di rado, il senso. Anzi, a lungo si è giocato a non fornire al cittadino ispezionato neppure le carte indispensabili per imbastire una qualche difesa: “se volete conoscere quali prove abbiamo trovato contro di voi”, asserivano ancora, fino a qualche tempo fa, molti uffici ispettivi interrogati, “andate in tribunale”. Diciamoci la verità: il più delle volte si trattava di un bluff giocato sulla pelle del soggetto ispezionato. Chi era in grado di sopportare il rischio (e il sostenere il peso economico) di un processo, alla fine spesso riusciva a ottenere giustizia. Con quanti e quali costi anche personali – per una situazione protratta spesso negli anni- è facile immaginare. Un tempo bastava la sola denuncia a portare alla comminazione di sanzioni pecuniarie. Negli uffici degli ispettivi non era raro sentire esortare -di fronte alle perplessità di taluni tra gli stessi funzionari- con un bel “proviamoci, dai, semmai ci pensa il giudice”.

Sottointeso: se c’è la sentenza, beh, non è affare nostro…ma noi di archiviare non ci prendiamo proprio la responsabilità, anche se non c’è uno straccio di prova (e giù una bella strizzatina d’occhio, a dire, con rispetto parlando, “ma che ce ne importa a noi!?”). Cosa è cambiato oggi, allora? Beh, nel tempo, un poco alla volta, sono mutate tante cose (e tante altre sono rimaste di fatto identiche, tuttavia), ma un aiuto a chi tutela le aziende viene oggi da una disposizione di legge che merita di essere riportata parola per parola: “Il verbale di accertamento e notificazione deve contenere: a) gli esiti dettagliati dell’accertamento, con indicazione puntuale delle fonti di prova degli illeciti rilevati…”

Lo dice il nuovo articolo 13, comma 4, del decreto legislativo n. 124 del 2004, modificato dal Collegato lavoro, la legge n. 183 del 2010. Una bomba! Tanto che, al suo apparire, sono tremati i polsi a molti ispettori “vecchio stampo”…neppure al giudice in una sentenza si richiede tanta puntualità! Questa volta ce la si può proprio fare, allora. E senza rivolgersi neppure ad avvocati, magari. Con una disposizione di legge così, già negli studi di consulenza del lavoro, letti gli atti degli accertamenti ispettivi, si possono preparare difese formidabili. Se l’ispettore si è attenuto con precisione alla disposizione di legge, sarà presto chiaro che “carte” ha in mano l’amministrazione, e così decidere il da farsi. Se invece non si sarà adeguato alla disposizione (anche con buone “carte” in mano) il verbale sarà nullo. Non è cosa da poco per iniziare a curare fin dall’inizio gli interessi dei molti clienti sottoposti ad accertamenti. Magari aggiungendo pure alla “ricetta” del novellato articolo 13, quella antica, e spesso dimenticata, presunzione di non colpevolezza prevista dall’articolo 23, comma 12, della legge n. 689 del 1981 “quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità “.

Per molti, insomma, si può trattare dell’inizio promettente di una nuova epoca di professionalità. Ma con una avvertenza però: attenzione, negli uffici, in forme striscianti, come spesso accade, la novità si sta forse “normalizzando”… e i verbali ispettivi, sempre più spesso, sembrano apparire, né più, né meno, che come quelli di qualche tempo fa…

di Mauro Parisi

[The World of Il Consulente n. 7/2011]