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Sentenza delle sezioni unite della cassazione

Per chi omette contributi e premi, le sanzioni civili connesse scattano in automatico e si prescrivono solo se si prescrivono i primi. È così che le Sezioni Unite della Cassazione hanno risolto, con la sentenza n. 5076/2015, la questione del fondamentale rapporto di accessorietà che lega le somme dovute in via principale a Inps e Inail, con quelle «aggiuntive» irrogate al contribuente per l’omesso o ritardato pagamento delle prime. Per la Suprema corte dal necessario rapporto di connessione tra detti debiti contributivi, discende il principio per cui un atto interruttivo della prescrizione quinquennale che riguardi le somme dovute a titolo di contributi e premi, deve intendersi esteso di fatto anche alle maggiorazioni previste dalla legge 388 del 2000 (cosiddette sanzioni civili, appunto). La cui prescrizione, perciò, non serve sia oggetto di diretti atti «interruttivi». In definitiva, una decisione poco favorevole a molti contribuenti morosi «di lungo periodo». Anche perché, non di rado, per chi ha «dimenticato» di versare contributi, il vero problema del ripianamento dei relativi debiti con gli istituti previdenziali sorge proprio dalla crescita, nel tempo, delle relative somme aggiuntive.

Ma quanto può costare un ritardo o una omissione in termini di interessi e maggiorazioni penitenziali, quali sono le sanzioni civili previdenziali? Ce lo dice l’articolo 116 della legge 388 del 2000. Per chi si limita a omettere di versare contributi e premi, ma senza compiere atti volti a nascondere tali mancanze («mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie»), va imputato il pagamento di una somma, in ragione d’anno, di misura pari al tasso ufficiale di riferimento (attualmente il più favorevole, «puntando» allo zero) maggiorato di 5,5 punti. In tale caso, però, malgrado il trascorrere del tempo, la sanzione civile non può essere superiore al 40% dell’importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge.

Va peggio, invece, a chi decide scientemente di evadere i versamenti, compiendo dolosamente atti di vera e propria elusione («evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero, cioè nel caso in cui il datore di lavoro, con l’intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate»). In tale caso le conseguenze sono pesanti, conducendo al pagamento di una sanzione pari al 30% all’anno. Con l’unico sollievo che tale sanzione per evasione non può comunque essere superiore al 60% dell’importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge.

Un importante sconto viene tuttavia concesso agli evasori che denunciano la loro situazione debitoria spontaneamente, prima di contestazioni o richieste ufficiali, e comunque entro 12 mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi. Se dopo la denuncia il versamento viene effettivamente effettuato, la sanzione civile sarà pari a quella, meno grave, di chi si limita ad omettere.

Quanto al fatto che Istituti e ispettori siano inclini a vedere evasione anche dove c’è solo omissione, con le relative e non indifferenti conseguenze pecuniarie, soccorre ora anche la pronuncia n. 1476 del 2015 con cui la Cassazione fa salvo il datore di lavoro che abbia, comunque sia, denunciato il rapporto di lavoro. Nel caso, Inps e altri, avevano ritenuto che le sanzioni civili relative ai contributi dovuti per un lavoratore, quantunque «malamente» denunciato come autonomo, anziché come subordinato, fossero da ascriversi all’»evasione», anziché, come per la Cassazione, all’«omissione». In generale, dovrebbe essere così in tutti quei casi in cui gli Istituti non riescano a provare una «intenzione specifica di non versare i contributi o premi».

Insomma, una regola corretta (cfr. Circ. Inps 110/2001) per evitare il frequente mix di ritenute sanzioni civili per evasione (anche in casi evidentemente omissivi) che si accompagnano ad accertamenti ispettivi previdenziali spesso lunghi anche anni, con conseguenti richieste di somme aggiuntive in misura molto elevata.

di Mauro Parisi

[ItaliaOggi n. 177 del 28.07.2015]