Nessuna indicazione da parte dell’INPS sull’opposizione entro 20 giorni
In questo periodo stanno pervenendo presso le aziende gli ultimi avvisi di addebito INPS della “tornata” natalizia. Il loro arrivo, oltre che un evento ordinariamente preoccupante per i contribuenti –dati i negativi riflessi economici che reca, segna l’esigenza di un’“allerta” immediata e di decisioni senza ritardi.
Infatti, come noto, dal momento della comunicazione dell’avviso di addebito scatta più di una corsa contro il tempo. Sia che si intenda pagare –subito o a rate-, sia –specialmente che si desideri negare il proprio debito e proporre l’opposizione ammessa dalla legge, occorre procedere spediti. Molto spediti.
Pena il rischio di vedere trasformata una “semplice” richiesta economica, in una spiacevole e preoccupante azione di esecuzione coattiva. In tutti i casi, infatti –ma soprattutto per chi intende portare la propria doglianza di fronte al Giudice-, i termini sono molto brevi. Ma ora –soprattutto dopo il recente intervento della Suprema Corte con la sentenza n. 835/2016-, sotto alcuni profili procedurali, possono essere ancora più brevi.
Va rammentato che agli immediati pericoli finanziari connessi al sopraggiungere degli avvisi, si cumula, per le imprese, una sempre spiacevole, e altrettanto immediata, ulteriore conseguenza: quella dell’irregolarità contributiva. In due parole, niente più Durc regolare. L’avviso di addebito INPS, si sa, è il titolo formato dall’Istituto ai sensi dell’art. 30, D.L. 78/2010, convertito con legge n. 122/2010. Senza ricorrere al Concessionario
per la riscossione, dunque, oggi l’INPS è in grado di provvedere da sé ai propri bisogni di recupero. Senza ritardi e senza intermediari, può liquidare e iniziare la propria azione di recupero dei contributi –oltre sanzioni civili e interessi- che si suppongono omessi.
Gli avvisi di addebito che pervengono ai contribuenti ingiunti devono riportare alcune importanti indicazioni, oltre a quelle che attengono alle somme richieste, e recare il bollettino per provvedere ai pagamenti.
La disposizione di legge stabilisce che, “a pena di nullità”, siano resi palesi all’azienda, tra l’altro, “il codice fiscale del soggetto tenuto al versamento, il periodo di riferimento del credito, la causale del credito, gli importi addebitati ripartiti tra quota capitale, sanzioni e interessi ove dovuti nonché l’ indicazione dell’agente della riscossione competente in base al domicilio fiscale presente nell’anagrafe tributaria alla data di formazione dell’avviso”.
Ciò che deve emergere con chiarezza dal titolo dell’Istituto è, in sostanza, il chiaro riferimento all’origine e imputazione delle somme di danaro richieste. Quanto alla provenienza della pretesa, l’avviso deve esporre espressamente le “causali del credito” (un verbale ispettivo, un avviso bonario, l’iscrizione a una gestione, ecc); con riguardo alla sua imputazione, per esempio, devono essere puntualmente descritti i cd. pe-riodi di riferimento temporali (es. un certo trimestre di un certo anno) dei contributi richiesti e la gestione a cui sono destinati.
L’avviso di addebito indica ai contribuenti che dovranno provvedere al versamento di quanto richiesto entro sessanta giorni e che potranno richiedere la rateizzazione degli importi, previa riconoscimento del debito e rinuncia a proporre azioni. Nel medesimo titolo viene pure esposto che avverso l’avviso possa essere proposto ricorso entro quaranta giorni al Giudice del lavoro.
In tale senso, l’art. 24 del decreto legislativo n. 46/1999 prevede che “il giudizio di opposizione … per motivi inerenti il merito della pretesa contributiva è regolato dagli articoli 442 e seguenti del codice di procedura civile”.
Inoltre che “nel corso del giudizio di primo grado il giudice del lavoro può sospendere l’esecuzione del ruolo per gravi motivi”.
In sostanza, con il rito del lavoro si possono contestare le ragioni fondanti il credito. La proposizione del ricorso, però, non sospende di per sé il recupero dell’Istituto. Per cui occorre che il giudice sia chiamato a pronunciarsi positivamente in ordine a un’apposita e specifica istanza cautelare. L’accoglimento della sospensiva produce due utili effetti: paralizza la richiesta economica e fare tornare temporaneamente regolare (almeno ai fini Durc) l’azienda ricorrente.
L’opposizione giudiziale dell’avviso di addebito prevista nei quaranta giorni, tuttavia, come dice la legge, inerisce il solo “merito” dei fatti contestati dal contribuente.
Se, invece, l’opposizione dovesse attenere a vizi formali dell’avviso, il termine si dimezzerebbe. In tali casi, infatti, il ricorso al giudice andrà proposto entro soli venti giorni.
Su ciò depone –un po’ cripticamente, invero- il dato testuale della legge. Infatti, l’art. 29, comma 2 dello stesso decreto legislativo 46/1999 indica che “le opposizioni all’esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie”.
A conferma che si tratta della lettura corretta della norma, però, negli scorsi giorni, è venuta ancora una volta la Cassazione. La quale, con la sopraindicata sentenza n. 835 del 19 gennaio 2016 ha ribadito con nettezza il principio per cui le eccezioni formali proposte con riferimento ad avvisi di addebito e cartelle esattoriali –ossia attinenti alla regolarità del titolo e della sua notificazione- devono essere considerate fuori termine, se l’opposizione venga depositata oltre i venti giorni stabiliti dall’art. 617 c.p.c..
In definitiva, senza che sia riportata alcuna indicazione in tale senso negli avvisi di addebito dell’INPS, i contribuenti rischiano di perdere la possibilità di fare valere vizi anche del tutto palesi, quali quelli puntualmente descritti dalla circolare n. 168/2010 dell’INPS. Per cui, “è causa di nullità dell’avviso”, non avere riportato “tutti gli elementi che consentono l’esatta identificazione della pretesa dell’Istituto ed, in particolare:… la tipologia del credito con l’informazione della gestione previdenziale di riferimento e, in caso di crediti derivanti da atto di accertamento dell’INPS o di altri Enti, l’indicazione degli estremi dell’atto e la relativa data di notifica”.
Ciò, almeno d’ora innanzi, costringerà tutti -dalle aziende interessate agli avvisi di addebito ai professionisti che le assistono-, a uno sforzo di rapidissima analisi del titolo e di intervento. Venti giorni dalla notifica dell’atto alla presentazione del ricorso al giudice sono, invero, a ben pensarci, un tempo davvero esiguo.
In definitiva, va dedicata una -non facile attenzione in più per evitare che diventino incontestabili anche vizi del tutto palesi.
Per sottrarsi dal rischio di dovere pagare pure allorquando emerge chiaramente che l’amministrazione ha agito in forme del tutto illegittime.
di Mauro Parisi
[Sintesi n. 2 – Febbraio 2016]