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Precetti costituzionali resi operativi dagli ispettori. Discipline del lavoro rafforzate dai funzionari. Sanzioni pecuniarie per fattispecie già escluse dal Parlamento. Nuovi adempimenti prima ignote. Sono imprevedibili le modifiche nel mondo del lavoro che ci attendono grazie al nuovo art. 14, D.Lgs 124/2004.

L’articolo 14, D.Lgs n. 124/2004, può cambiare in modo sostanziale il nostro diritto del lavoro. E non per modo di dire, come ci conferma la nuova Nota dell’Ispettorato Nazionale del lavoro-INL del 15.12.2020, n. 4539.

Per comprendere dove possono oggi arrivare gli ispettori del lavoro con il nuovo potere di “disposizione”, è sufficiente ragionare sulla celebre questione dell’obbligatorietà o meno dell’efficacia del CCNL nel nostro ordinamento.

Per motivi storici risaputi, il precetto dell’art. 39 della Costituzione è diventato, nel tempo, piuttosto che oggetto di reale attenzione da parte dei giuslavoristi, un mero quesito di scuola: nel senso di meritare di essere unicamente vagliato dagli studenti universitari nel corso di un esame di diritto del lavoro.

Eppure, proprio l’ennesima Nota INL -che, corredata di allegati, approfondisce la pratica e l’operatività del nuovo potere omnibus di “disposizione” degli ispettori, previsto dal novellato art. 14, D.Lgs n. 124/2004-, offre ai padri della costituzione la rinnovata speranza di vedere, in qualche modo, finalmente osservato il precetto per cui i contratti collettivi di lavoro possono avere “efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”.

Ci ritorniamo tra qualche riga.

Riferisce l’INL che lo scopo del nuovo potere di “disposizione” del personale ispettivo va rinvenuto nella finalità di “rafforzare la tutela sostanziale del lavoratore”, offrendo un “ausilio alle finalità istituzionali di tutela dei diritti e di promozione della legalità dei rapporti di lavoro”. Obiettivi di massima senz’altro condivisibili, purché perseguiti con mezzi predeterminati dal legislatore, come bene si conviene all’azione pubblica.

In caso contrario, può aprirsi un vero problema. Innanzitutto, per la certezza del diritto e dei diritti.

Che le potenzialità dell’istituto della “disposizione” non possano essere perimetrate a priori, del resto, viene confermato oggi dallo stesso INL, guarda caso già alla sua seconda precisazione “circolare” al riguardo, dopo quella della Circolare n. 5/2020. L’Ispettorato Nazionale, nell’offrire ai propri ispettori una prima elencazione degli ambiti in cui sono ora chiamati a utilizzare il nuovo potere d’ordine, definisce la pure non breve elencazione, quale serie di “esemplificazioni”. Infatti, la Nota del 15.12.2020 sottolinea che il prospetto allegato a essa non contiene che un “elenco non esaustivo di ipotesi applicative del provvedimento in oggetto”.

In definitiva, gli oltre 30 casi -e non paiono pochi- già elencati non rappresenterebbero che una frazione degli ulteriori che ci si riserva di implementare, caso per caso, tempo per tempo.

Va chiarito che la “disposizione” dell’ispettore del lavoro non viene a creare in via diretta alcuna “norma” di carattere generale (ci mancherebbe). Però, una direttiva generale e uniformatrice sulle condotte da tenere in sede di “disposizione”, è qualcosa che inizia ad avvicinarsi molto a una “regola” di carattere generale e astratto.

Tanto più se all’ordine ispettivo si accompagna la prevista punizione, per chi non rispetta quello impartito, di una sanzione amministrativa compresa tra gli € 500 e gli € 3mila. Come dire che chi non si adegua, ai sensi dell’art. 16, L.n. 689/1981, non potrà mai cavarsela con meno di € 1000 a “disposizione”. Un buon incentivo ad aderirvi, insomma, rendendo nei fatti cogenti le discipline create dagli ispettori.

Quale ulteriore spunto di riflessione, va osservato come nulla vieti che la “disposizione” possa essere reiterata dal funzionario nei confronti del medesimo datore di lavoro, e nell’ambito del medesimo controllo, per più situazioni riscontrate o lavoratori considerati. Per cui, se si trattasse di 15 dipendenti, e di altrettanti “ordini” impartiti, all’azienda servirebbero € 15.000 per estinguere l’illecito. E così via ragionando.

Come stabilito, gli ispettori non solo sono in grado di intervenire con riguardo a casi particolari, ma pure con riferimento a generali inadempimenti lavoristici dei datori di lavoro (per cui l’ordinamento non abbia stabilito alcuna sanzione, però), di fatto anticipando e rendendo meno, o non affatto, necessario l’intervento del Giudice. Per esempio -come chiarisce la singolare elencazione dell’Allegato A alla Nota del 15.12.2020-, essi potranno ordinare di emendare lo stesso Regolamento interno delle cooperative, imponendo alla società di riferirsi al CCNL comparativamente più rappresentativo nel settore.

Allegato alla nota Inl

Mancata previsione nel regolamen- to del CCNL cui riferirsi per il trat- tamento economico nel rispetto della previsione di cui agli artt. 3 e 6 legge 142/2001, nel caso di applicazione di un Ccnl “non comparativamente più rappresentativo” alla luce della recente sentenza della Cass. n. 4951/2019.

Gli ispettori hanno adesso il potere di garantire l’applicazione del CCNL che ritengono “corretto”, senza che neppure si instauri qualsivoglia contraddittorio con le aziende interessate (ed ecco risolto l’antico dilemma dell’art. 39, Cost.). Le quali, prima di riuscire a dire una sola parola in propria difesa, in forza dell’ordine immediatamente esecutivo e non sospendibile, dovranno iniziare ad applicare in azienda CCNL diversi da quelli fino ad allora praticati. Come previsto dal suddetto Allegato A per il settore edile.

Allegato alla nota Inl
Peraltro, ai sensi della circ. Inl n. 9/2019, sulla scorta anche dei chiari- menti già forniti dal Mlps con inter- pelli n. 56/2008 e n. 18/2012 e nota prot. n. 10565 del 1° luglio 2015, si po- trebbe disporre l’applicazione del con- tratto collettivo dell’edilizia e dei con- nessi obblighi di iscrizione alla Cassa edile per le imprese che svolgano atti- vità edile in via principale o prevalente

Otre a ciò, la disposizione può essere declinata pure per “rinforzare” discipline del lavoro nelle parti in cui appaiono più cedevoli e meno cogenti. Per esempio, in materia di lavoro part-time, seppure è prevista la fissazione espressa dell’orario di lavoro nel contratto, l’eventuale mancanza -non sanzionata per legge, salva l’azione del dipendente presso il Giudice del lavoro- può ora essere più celermente recuperata con un opportuno ordine dell’ispettore e la nuova sanzione. Non si può dire che la medesima previsione non assuma ben altro grado di cogenza.

Allegato alla nota Inl

Disposizione in ambito di lavoro a tempo parziale: a) mancata indivi- duazione nel relativo contratto di lavo- ro delle fasce orarie o dei turni di lavo- ro; b) mancato rispetto delle previsioni contrattuali circa la collocazione ora- ria delle prestazioni dei part-timer (il contratto risulta formalmente inecce- pibile, ma il datore varia in continua- zione gli orari dei part-timer, al di là di quanto consentito dall’eventuale ap- posizione di clausole elastiche).

Anche la disciplina del lavoro a termine può essere “corroborata” dall’intervento dei funzionari, nel caso in cui le previsioni di legge non risultino supportate da sufficienti presidi sanzionatori. Si dica del diritto di precedenza del lavoratore già impiegato. Tale diritto “deve essere espressamente richiamato” nel contratto a termine “e può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti per iscritto la propria volontà” entro un anno dalla cessazione del rapporto di lavoro. Tuttavia, la violazione in materia di diritto di precedenza non determina riflessi diretti sul rapporto di lavoro instaurato, ma conferisce al lavoratore il diritto di richiedere un risarcimento danni.

A rammentare l’utilità di una maggiore “attenzione” da parte del datore di lavoro (ma, si direbbe, pure della generalità di essi), possono adesso intervenire -con relativa sanzione- gli ispettori.

Allegato alla nota Inl
In caso di violazione del diritto di pre- cedenza è possibile adottare il provve- dimento di disposizione laddove il da- tore di lavoro non abbia richiamato il diritto di precedenza nella lettera di as- sunzione di un lavoratore con contrat- to a termine, in violazione dell’art. 24, comma 4, D.lgs. n. 81/2015.

Quanto poi alla sempre complessa materia degli appalti, pure quest’ultima può essere oggetto di una nuova “ventata” di obbligatorietà. Per esempio, in caso di trasferimento d’azienda o di nuovi soggetti subentranti nell’appalto, all’omesso assorbimento dei dipendenti può supplire la “disposizione”. I funzionari sono oggi invitati dalla Nota INL a ordinare la costituzione dei rapporti di lavoro con i dipendenti di cui il cessionario abbia omesso l’assunzione. È facile immaginare quanto possa diventare diseconomica un’elusione della disposizione nel caso.

Allegato alla nota Inl
Il mancato assorbimento del personale già impiegato nell’appalto nei casi di cambio appalto in applicazione di clausola sociale o obbligo di legge.

E poi possono essere creati nuovi adempimenti, semmai il legislatore se ne fosse scordato qualcuno. Per esempio, in materia di comunicazione relative al rapporto di lavoro, tutti i consulenti del lavoro sanno come non sia stato previsto dall’art. 4bis, comma 5, D.Lgs n. 181/2000, alcuna comunicazione in caso di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, o tra vari gradi del medesimo part-time. Una “dimenticanza” del legislatore, che ora l’INL è decisa a colmare con la “disposizione” e una sanzione amministrativa cinque volte superiore, in caso di mancata ottemperanza, rispetto a quella prevista da legislatore nei casi disciplinati (da € 100 a € 500).

Allegato alla nota Inl

Disposizione utilizzata al fine di garantire la veridicità dei dati co- municati al CPI in tutte le fattispe- cie non assistite da sanzione (sempli- ce annullamento di una comunicazione, variazione del rapporto di lavoro da full-time a part-time, ecc.).

Altro caso di “dimenticanza” legislativa da colmare, evidentemente, è quella relativa all’omessa previsione di una sanzione amministrativa in caso di mancato rispetto dei tempi di pausa dal lavoro (“Qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa”). Se dal 2003 -e malgrado i molti interventi correttivi succedutisi- il legislatore mai ha pensato di aggravare il precetto del D.Lgs n. 66 con una sanzione, ora vi si potrà porre rimedio con la “disposizione”.

Allegato alla nota Inl
Articolo 8 del D.lgs. 66/2003 (manca- to rispetto dei tempi di pausa – minimo 10 minuti o secondo le modalità e la du- rata stabilite dai contratti collettivi di la- voro – oltre il limite di 6 ore giornaliere).

Va da sé che anche solo il minacciato uso generale della “disposizione” può modificare gli atteggiamenti e le scelte degli operatori del lavoro, rendendo di fatto obbligate condotte che la legge neppure aveva preso in considerazione, o s’era sognata di punire.

E anche in ciò, tutto sommato, pare venga a consistere il diritto vivente.

 

Mauro Parisi