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Malgrado l’opposizione dell’Istituto, la sentenza della Corte d’Appello di Milano, n. 97/2022, non lascia dubbi sul diritto anche dei consulenti del lavoro, che abbiano versato contributi presso più gestioni, di potere accedere alla propria pensione nelle forme a essi più favorevoli. Non solo con cumuli e totalizzazioni, quindi, ma pure con ricongiunzioni presso la cassa professionale.

Anche per i consulenti del lavoro vale il diritto a godere dell’istituto del ricongiungimento dei versamenti previdenziali, all’atto del pensionamento, presso la cassa previdenziale professionale. E non solo se tali versamenti presso l’Inps riguardino lavoro dipendente, ma pure se fossero stati eseguiti presso la Gestione separata dell’Istituto, in occasioni di passate attività di lavoro autonomo.

Nel senso della massima estensione del diritto del professionista si è pronunciata la Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 97 del 17 febbraio 2022, la quale ha confermato la decisione del Giudice del Lavoro di Milano, che in primo grado si era espresso nel medesimo senso (sentenza n. 2312/2021).

Nella vicenda che ha dato luogo alla decisione, un consulente del lavoro aveva convenuto in giudizio l’Inps per fare accertare il proprio diritto -negato dall’Istituto- a ottenere il ricongiungimento dei propri versamenti previdenziali nella Gestione separata -presso cui era stato iscritto per dieci anni- con quelli della propria cassa previdenziale professionale e la condanna dell’amministrazione a procedere ai relativi adempimenti.

Come noto, la ricongiunzione consiste nel trasferimento materiale dei contributi versati in diverse gestioni previdenziali, che vengono accreditati presso l’Ente di previdenza a cui si è iscritti nell’attualità. Per cui i contributi così riversati, vengono ad aggiungersi al montante contributivo ivi presente, risultando palesi anche nell’estratto conto previdenziale.

Una volta trasferita la contribuzione, la pensione viene erogata secondo le regole dell’Ente che l’ha ricevuta.

La ricongiunzione -solitamente onerosa, ma scelta perché spesso più favorevole all’atto della determinazione della pensione da corrispondere-, si differenzia dal cumulo della contribuzione, gratuita, che garantisce la pensione presso ogni gestione una volta raggiunti età e contributi previsti, e dalla totalizzazione, per cui ai fini del raggiungimento dei requisiti per il diritto alla pensione, si possono sommare i periodi contributivi esistenti presso più gestioni in modo da poter conseguire quote di pensione, proporzionali ai contributi stessi, a carico degli Enti presso cui si trovano i contributi.

In quest’ultimo caso i contributi non vengono trasferiti e, riuniti virtualmente, danno origine a un’unica rata di pensione.

Nel caso di specie, posto di fronte alle suddette possibili soluzioni, il professionista aveva optato per il ricongiungimento, ai sensi della Legge 5 marzo 1990, n. 45, (Norme per la ricongiunzione dei periodi assicurativi ai fini previdenziali per i liberi professionisti).

Così l’art. 1, Legge n. 45/1990

Al lavoratore dipendente, pubblico o privato, o al lavoratore autonomo, che sia stato iscritto a forme obbligatorie di previdenza per liberi professionisti, è data facoltà, ai fini del diritto e della misura di un’unica pensione, di chiedere la ricongiunzione di tutti i periodi di contribuzione presso le sopracitate forme previdenziali, nella gestione cui risulta iscritto in qualità di lavoratore dipendente o autonomo.

Analoga facoltà è data al libero professionista che sia stato iscritto a forme obbligatorie di previdenza per lavoratori dipendenti, pubblici o privati, o per lavoratori autonomi, ai fini della ricongiunzione di tutti i periodi di contribuzione presso le medesime forme previdenziali, nella gestione cui risulta iscritto in qualità di libero professionista.

Malgrado la piuttosto onnicomprensiva previsione di legge, per l’Inps tale facoltà doveva considerarsi preclusa al consulente del lavoro, ritenendola non espressamente risultante dal chiaro tenore della legge.

In particolare, per l’Istituto, dalla possibilità di ricongiunzione sarebbero stati esclusi i periodi assicurativi accreditati nella Gestione separata, poiché, in base alle previsioni contenute nella suddetta Legge n. 45/1990, nella Legge 8 agosto 1995, n. 335, istitutiva della Gestione separata, e nel D.lgs n. 184/1997, la facoltà di ricongiunzione onerosa non potrebbe essere riconosciuta laddove il trattamento pensionistico dell’interessato debba essere calcolato utilizzando il solo metodo contributivo. Per l’Inps, infatti, in tali situazioni potrebbero trovare applicazione solo i diversi istituti del cumulo e della totalizzazione dei contributi versati dal lavoratore presso le varie gestioni e casse professionali.

Tuttavia, nel caso di specie, già in primo grado il Giudice del lavoro sottolineava come si dovesse offrire soluzione, non solo in relazione alle recenti posizioni espresse dalla Suprema Corte, ma anche alla luce delle posizioni assunte in passato dalla Corte costituzionale. In effetti quest’ultima, con la decisione n. 61 del 5 marzo 1999, aveva dichiarato costituzionalmente illegittimi, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 38 Cost., gli artt. 1 e 2 della Legge n. 45/1990 nella parte in cui non prevedevano, in favore dell’assicurato che non abbia maturato il diritto ad un trattamento pensionistico in alcuna delle gestioni nelle quali è, o è stato, iscritto, il “diritto di avvalersi dei periodi assicurativi pregressi in termini tali per cui la ricongiunzione, più vantaggiosa, ma anche più costosa per l’assicurato, possa porsi come mera opzione rispetto ad altri istituti che consentano il conseguimento del medesimo obiettivo dell’utilizzo della contribuzione” (cfr. Cass., n. 26039/2019).

Per il Giudice del lavoro di Milano, pertanto, anche a favore del professionista correva la necessità che, alla luce dell’attuale complesso normativo, ci si potesse avvalere della facoltà non solo degli istituti del cumulo e della totalizzazione -come preteso da Inps-, ma altresì di quello della ricongiunzione. In definitiva, il più favorevole principio generale doveva ritenersi indubitabilmente applicabile anche al caso della Gestione separata Inps, per quanto evidentemente introdotta successivamente alla Legge n. 45/1990.

L’Inps ricorreva in appello confermando le proprie posizioni ostative alla facoltà pretesa dal consulente del lavoro.

Partendo da una ricognizione dello stato della giurisprudenza di legittimità e costituzionale, la Corte d’Appello di Milano giungeva ancora una volta a negare fondamento alle tesi propugnate dall’Istituto, riconoscendo in modo cristallino l’ampiezza della previsione della legge, non perimetrabile unicamente ad alcune gestioni previdenziali o a definite modalità di calcolo.

E ciò, grazie a un excursus motivazionale rigoroso -che merita attenta lettura-, a completa garanzia delle ragioni -e della migliore pensione liquidabile- del consulente del lavoro.

Così la Corte d’Appello di Milano

Sentenza n. 97/2022

Si ravvisa la necessità di adottare un’interpretazione dell’art. 1, comma 2, legge 5 marzo 1990 n. 45 “che rifletta l’assenza di limiti” nel ricorso a tale opzione, in particolare di “quelli che deriverebbero dalla disomogeneità del metodo di calcolo” (così Cass., 15 ottobre 2019 n. 26039, cit.).

Alla luce dei principi enunciati si ritiene non colga nel segno l’argomento dell’Inps, secondo cui la facoltà di ricongiunzione onerosa non potrebbe essere riconosciuta laddove il trattamento pensionistico dell’interessato debba essere calcolato utilizzando il solo metodo contributivo, in quanto – si deduce – in tale ipotesi dovrebbero trovare applicazione i diversi istituti del cumulo e della totalizzazione dei contributi versati dal lavoratore presso le varie gestioni e casse professionali.

L’argomento si risolve invero in una petizione di principio, che appare tuttavia priva di riscontro normativo.

L’art. 1, comma 2, legge 5 marzo 1990 n. 45, infatti, espressamente attribuisce la facoltà di ricongiungere i periodi di contribuzione esistenti presso le gestioni obbligatorie di previdenza per i lavoratori dipendenti (pubblici o privati) e per i lavoratori autonomi, nella gestione in cui l’interessato risulti iscritto in qualità di libero professionista.

Tale facoltà è riconosciuta senza limitazioni ed indipendentemente dalla omogeneità delle contribuzioni versate nelle rispettive gestioni (di provenienza e di destinazione).

Non trova, dunque, fondamento nel contenuto della norma la tesi dell’Inps, secondo cui sarebbero esclusi dalla facoltà di ricongiunzione i contributi versati nella gestione separata, per essere il relativo trattamento pensionistico soggetto al calcolo meramente contributivo: come evidenziato, infatti, la non omogeneità delle contribuzioni versate non costituisce fattore ostativo alla ricongiunzione. Per altro verso, il fatto che l’art. 1, comma 2, legge 5 marzo 1990 n. 45 non menzioni la contribuzione versata alla gestione separata è agevolmente spiegabile considerando che la gestione separata è stata istituita in un momento successivo, dalla legge 8 agosto 1995 n. 335.

Nondimeno, tenuto conto che la norma ha una formulazione ampia ed elastica (facendo riferimento indistintamente a “forme obbligatorie di previdenza per lavoratori dipendenti, pubblici o privati, o per lavoratori autonomi”, senza alcuna elencazione tassativa), la stessa deve ritenersi applicabile anche alla gestione separata, essendo quest’ultima riconducibile all’ampio spettro delle forme previdenziali obbligatorie in essa contemplate.

di Mauro Parisi

[Sintesi n. 4/2022]