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Solo il dlgs 81/2015 ha previsto espressamente il divieto di impiego.
L’uso dei voucher in edilizia non contestabile.

Sugli appalti di servizi con lavoratori accessori, buone notizie dal passato per le aziende. Il dlgs 81/2015 sul riordino delle tipologie contrattuali, appena entrato in vigore, chiude di fatto la porta alle contestazioni pre Jobs act. Traendo in salvo i datori di lavoro che in questi anni si sono visti contestare dai funzionari del lavoro e degli istituti previdenziali il fatto di aver impiegato nell’esecuzione di appalti, in qualsiasi settore, lavoratori pagati con i voucher. Contestazioni, di fatto, sbagliate. A differenza che in passato, infatti, allorquando nulla era previsto, solo adesso per espressa previsione dell’art. 49 del decreto attuativo, è vietato «il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell’ambito dell’esecuzione di appalti di opere e servizi». Per quanto, con decreto, il ministero del lavoro potrà prevedere eccezioni. Su divieti e sanzioni, dubbi e perplessità sono sempre state consistenti. Soprattutto perché una chiara disposizione di legge non vi era mai stata. E nel nostro ordinamento, ciò che non è vietato, è consentito. Che fosse giunto il momento di porre certezza a un vero e proprio pasticcio burocratico-legale, era, quindi, circostanza indifferibile. Tanto più che i casi di ricorso al contratto accessorio si sono fatti nel tempo frequenti. Per esempio, per quelle aziende che operano nel settore del giardinaggio, le quali, assunti incarichi da committenti pubblici e privati, hanno pensato di gestire in questo modo i picchi stagionali di lavoro. Ma non differentemente vi si è fatto ricorsi per servizi di assistenza informatica, di manutenzione di impianti di riscaldamento e per la gestione di opere e sistemi idraulici. In definitiva per le più disparate attività di servizio immaginabili. L’impiego di lavoratori accessori è stata per anni osteggiata dall’amministrazione. In particolare, il ministero del lavoro e l’Inps, con numerosi interventi, tra cui la circolare n. 4/2013 e le circolari n. 88/2009 e 17/ 2010, hanno espressamente escluso che, nel caso di appalto e somministrazione, un’impresa potesse reclutare e retribuire lavoratori per svolgere prestazioni a favore di terzi. Il senso del divieto veniva teorizzato dal welfare sulla scorta del solo ragionamento che il contratto di lavoro accessorio non dovrebbe prestarsi a fenomeni di destrutturazione di altre tipologie contrattuali e a possibile dumping, a vantaggio delle imprese che ricorrono a contratti di lavoro più stabili. Per cui il ministero del lavoro giungeva a confermare l’orientamento (e il divieto) secondo il quale il lavoro accessorio sarebbe utilizzabile solo con riferimento a prestazioni rivolte direttamente a favore dell’utilizzatore delle stesse (il datore di lavoro, perciò), mentre veniva proibito il medesimo impiego di lavoratori quando si agiva a vantaggio di terzi. Unica eccezione ammessa quella dell’impiego degli steward delle società calcistiche. Ma proprio l’esistenza di regolamenti in tale senso da parte del ministero dell’interno (dm 8 agosto 2007 e dm 24 febbraio 2010), avrebbe già dovuto chiarire senza ombra di dubbio, che un limite legale nel senso preteso, di fatto, prima dell’odierno decreto attuativo, non esisteva. Ciò che valeva, quindi, per il calcio doveva valere per tutti. Con l’entrata in vigore del dlgs 81/2015, tuttavia, il divieto che non era affatto previsto prima, sarà stabilito espressamente. Una previsione che, secondo il principio di legalità, confermerà retroattivamente l’illegittimità delle contestazioni finora operate alle aziende. In teoria, quindi, ci si aspetta una ragionevole archiviazione dei casi ancora pendenti.

di Mauro Parisi

[ItaliaOggi n. 153 del 30.06.2015]