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Ultima chiamata per co.co.co. e associati

Call center in fibrillazione. E non solo loro. Per collaborazioni coordinate e continuative si avvicina la fine annunciata di un’epoca. Infatti, da quando entrerà in vigore il decreto di attuazione della legge 183/2014 sulle tipologie contrattuali, non sarà più possibile attivare nuove co.co.pro.. Ma neppure mini-co.co.co. (quelle ammesse fino a trenta giorni di prestazione) e co.co.co. prive del progetto (per esempio, quelle con soggetti iscritti agli albi professionali o nelle associazioni sportive). Né, d’altro canto, potranno essere avviati nuovi contratti di associazione in partecipazione.

In numerose aziende, quelle che non riescono ancora a cedere alle lusinghe dei contratti a tutele crescenti e agli esoneri di contribuzione concessi per le nuove assunzioni, questi ultimi giorni suonano quindi quasi come una condanna.

In molte realtà imprenditoriali, ma soprattutto per quanti si occupano di telemarketing e prestazioni in out-bound, si è alla ricerca di alternative non sempre ritenute sufficientemente economiche e garantite. Così, non di rado, la decisione che oggi «senza sapere né leggere, né scrivere» molte aziende stanno assumendo, è quella di prorogare i contratti di collaborazione. Oppure, addirittura, di attivarne con la massima urgenza di nuovi, magari con decorrenza finale prevista al trascorrere di svariati anni.

Anche l’associazione in partecipazione desta gli ultimi interessi e appetiti. In effetti, se l’associante riuscirà ad anticipare le previste modifiche dell’art. 2549 del codice civile, per cui saranno in futuro previste associazioni in partecipazione solo con apporto di capitale (e non più di lavoro, come in precedenza), potrà garantirsi l’aiuto di un associato per alcuni, o molti, anni. Sì, perché il prossimo decreto attuativo del Jobs Act ammetterà un periodo transitorio «a lungo termine», ossia fino al loro naturale e concordato spirare per tutti i contratti già in essere all’atto dell’abrogazione prevista.

Lo stesso discorso, ma con qualche fondamentale distinzione, varrà per le collaborazioni coordinate e continuative. Va innanzitutto osservato che, per quelle «genuine», l’abrogazione immediata delle previsioni di legge che ancora le disciplinano (artt. 61 ss, dlgs 276/2003), non determinerà la loro immediata estinzione, ma la possibilità di una loro «ultrattività», fino alla stabilita scadenza.

Invece, le «altre» collaborazioni (quelle che si concretino «in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, di contenuto ripetitivo» e siano «organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro») dovranno cessare entro il 31 dicembre 2015. Un bel problema. Soprattutto perché la maggior parte dei rapporti di co.co.co. attualmente in essere rientra proprio in quest’ultima categoria di parasubordinazione «spuria». In essa vanno senz’altro comprese le attività lavorative che si svolgono nei call center e di cui sono note a tutti le vicende.

Tuttavia, per i co.co.co. dei call center, dovrebbe valere la clausola di salvaguardia («restano salve»), che permetterà la continuazione dei rapporti già in essere, stabilita, tra l’altro, in relazione alle «collaborazioni per le quali gli accordi collettivi stipulati dalle confederazioni sindacali… prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive e organizzative del settore». Dunque, in apparenza, proprio con speciale riferimento per i call center.

Ciò spiega indubbiamente la soluzione adottata in questo periodo da non pochi call center, ma non solo, di prorogare i contratti attuali. Una decisione che, del resto, non priva le aziende della possibilità di giocarsi comunque, in seguito, fino alla fine dell’anno in corso, la carta della stabilizzazione e delle agevolazioni contributive.

Se il vento girasse male, infatti, con assunzioni a tempo indeterminato, nonché accordi con i lavoratori presso sedi di conciliazione e commissioni di certificazione, non solo si potrebbe ancora godere dei noti benefici, ma pure dell’immunità da contestazioni e sanzioni, fiscali e contributive, rispetto a «errori» passati.

Insomma, per committenti e associanti ancora alcune «fiches» da giocare fino all’annuncio del «rien ne va plus».

di Mauro Parisi

[ItaliaOggi n. 105 del 05.05.2015]