Per i Consulenti del lavoro che hanno versato contributi alla Gestione Separata Inps, ancora una vittoria contro l’Inps che continua ostinatamente a negare il diritto alla ricongiunzione contributiva presso Enpacl. La sentenza n. 3344 del 10 ottobre 2023 del Tribunale di Milano, che si inserisce in un filone di giudizi favorevoli ai professionisti, rende oramai irragionevole la perdurante condotta oppositiva dell’Istituto.
Per i Consulenti del lavoro ancora una vittoria in giudizio contro l’Inps in materia di pensioni e sulla possibilità di ricongiunzione contributiva.
Questa volta il riconoscimento viene dal Tribunale di Milano con la sentenza del 10 ottobre 2023, n. 3344. Come ci si ricorderà, un esito non nuovo, presso il Giudice del lavoro milanese.
Già nel recente passato, infatti, si era potuto riscontrare l’accoglimento delle pretese pensionistiche dei professionisti (si veda Sintesi di aprile 2022, pag. 4: “Pensioni dei consulenti, ricongiunzione con Inps senza limiti”) a fronte di valutazioni e condotte di tutt’altro avviso e oppositive dell’Istituto.
Da allora anche la Corte d’Appello di Milano aveva deciso di allinearsi nel riconoscimento delle giuste richieste avanzate (cfr. Corte d’Appello di Milano, sentenza 20.6.2023, n. 399), non dimenticandosi della favorevole posizione assunta nel tempo anche dalla Suprema Corte (cfr. Cassazione, sentenza del 18.9.2019, n. 26039).
Eppure, malgrado l’incontestabile striscia di affermazioni di fronte ai giudici, di cui già si era avuto riscontro in passato, pervicacemente l’Inps continua a negare la possibilità che quanto versato alla propria Gestione Separata da parte dell’iscritto all’Enpacl, possa essere congiunto con i contributi versati alla cassa professionale.
Ci si potrebbe legittimamente interrogare sul perché di tanto accanimento nei confronti dei Consulenti del lavoro che tentano di andare in pensione, giustamente non comprendendosi come mai, soprattutto a seguito del numero sempre crescente di soccombenze in giudizio (come pure dei precedenti della stessa Corte Costituzionale, che non confortano le tesi dell’Istituto: cfr. sentenza Corte costituzionale n. 61/1999), l’Istituto non adegui la propria posizione alle decisioni dei Tribunali e, tutto sommato, a quanto pure nella legge sta scritto.
Tuttavia, va ricordato come si sia già avuto modo di illustrare l’usuale complessità del contenzioso con l’Inps -controparte certamente non comune per dimensioni e “dominio di quota” in pressoché ogni confronto-, che si mostra tra l’altro inesorabile nel perseguire i propri orientamenti e le proprie politiche, anche a prescindere dal consolidarsi di netti e contrari orientamenti giudiziali e a dispetto di sofferte soccombenze (si veda, sul punto, Sintesi di dicembre 2022, pag. 10: “Una controparte, l’Inps, che con i suoi 283 legali … può permettersi di ragionare sui grandi numeri delle vertenze (cioè sulla valenza statistica di vittorie e sconfitte in una logica di budget), piuttosto che sull’economia del singolo caso (con la possibilità di riproporre all’infinito -per gradi di giudizio e contendenti- anche i medesimi contenziosi in cui già è risultata soccombente nel tempo” ).
Non di rado, come in questo caso, l’atteggiamento dell’Istituto risulta contrastare con la pure affermata volontà di farsi parte attiva di processi di resipiscenza e di adeguamento alle decisioni giudiziali (cfr. Circolare Inps n. 47/2023: “Attraverso l’esercizio dell’autotutela, agendo sui propri provvedimenti emanati, l’Istituto può intervenire, senza ulteriori aggravi dei procedimenti, eliminando vizi di legittimità … contribuendo, in tale modo, a prevenire controversie o risolvere contenziosi prima che intervenga la decisione dei soggetti competenti”).
Nella vertenza considerata dal Tribunale di Milano, risolta con la sentenza n. 3344/2023, il ricorrente Consulente del lavoro aveva versato contribuzione post-1995, per un tempo considerevole, alla Gestione Separata Inps. Per cui proponeva domanda di ricongiunzione all’Enpacl, l’Ente nazionale di previdenza e assistenza per i consulenti del lavoro, a cui si trovava iscritto.
L’Enpacl richiedeva, quindi, all’Istituto quanto necessario per la costituzione della posizione assicurativa e la determinazione dell’onere di riscatto. Trascorreva molto tempo e seguivano solleciti e ricorsi amministrativi, fino a quando l’Inps respingeva definitivamente le richieste, sull’assunto che i contributi per periodi accreditati in qualità di iscritto alla Gestione Separata, ai sensi dell’art. 2, Legge n. 335/1995, non possono venire versati presso gestioni alternative (specie ove il calcolo debba compiersi secondo il solo regime contributivo).
Una posizione che, come noto, poggia innanzitutto su una presunta lettura restrittiva dell’art. 1, Legge n. 45/1990 che certamente, al tempo della sua introduzione, non poteva prevedere quanto poi normato nel 1995, ma che non vi contrasta affatto.
Secondo l’Inps, in casi consimili, non sarebbe possibile il trasferimento materiale dei contributi versati in diverse gestioni previdenziali, per giungere all’erogazione di una pensione secondo le regole dell’Ente che li ha ricevuti.
La ricongiunzione, onerosa, ma solitamente più favorevole all’atto della determinazione della pensione da corrispondere, si differenzia dal cumulo della contribuzione (gratuito, con pensione presso ogni gestione in cui risultano contributi, una volta raggiunti età e montante previsti) e dalla totalizzazione (per cui al raggiungimento dei requisiti virtuali per il diritto alla pensione, si possono sommare i periodi contributivi esistenti presso più gestioni in modo da potere conseguire quote di pensione, proporzionali ai contributi stessi, a carico degli Enti presso cui si sono operati i versamenti).
Il Giudice del lavoro di Milano, come già in altri casi relativi alla posizione di Consulenti del lavoro (per esempio con la precedente sentenza n. 2312/2021, poi confermata dalla Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 97/2022), è venuto a ritenere assolutamente non esclusa, ma anzi ammessa, anche alla luce del noto orientamento costituzionale, la ricongiunzione, con versamento in entrata della contribuzione maturata presso l’Inps a favore dell’Enpacl.
La sentenza n. 3344/2023 del Tribunale di Milano, sezione lavoro, stabilisce, in particolare che
secondo la Corte costituzionale, sentenza n. 61 del 5.3.1999, il nostro ordinamento ha previsto una pluralità di istituti ai quali si può ricorrere per ovviare all’ipotesi in cui un lavoratore non abbia accumulato crediti contributivi in una sola gestione pensionistica e debba pertanto ricorrere ad istituti alternativi per poter acquisire il diritto a pensione. E rileva come il lavoratore possa indifferentemente fare ricorso al sistema della ricongiunzione o a quello della totalizzazione a seconda che per lui sia più vantaggiosa l’una o l’altra, tenuto conto dei vantaggi maggiori che gli derivano dalla prima, connessi tuttavia molto spesso ai maggiori svantaggi di questa dal punto di vista economico.
Pertanto le domande devono essere accolte. Va dichiarato il diritto del ricorrente ad ottenere la ricongiunzione alla propria cassa professionale ENPACL (ente nazionale di previdenza e assistenza per i consulenti del lavoro) dei contributi versati nel periodo considerato presso la gestione separata INPS, ai sensi della legge n. 45 del 5 Marzo 1990.
Dati i precedenti e la cristallina definizione anche di questo contenzioso, sarebbe assolutamente auspicabile che questioni del medesimo genere qui esposto non sorgessero più tra Consulenti del lavoro e Inps.
Eppure permane il pronosticabile rischio che alle prossime richieste di ricongiunzione contributiva si pongano le medesime diatribe e vertenze, a causa di un’inemendata posizione dell’Istituto. La quale, oramai, come si è mostrato, non può che essere ritenuta irragionevole alla luce degli approfonditi argomenti fatti propri dai giudici di ogni grado.
di Mauro Parisi