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Con il messaggio n. 3516 del 27.9.2022 l’Inps corregge in modo sostanziale se stesso e le precedenti indicazioni alle proprie sedi circa le abnormi sanzioni per gli omessi versamenti contributivi delle ritenute sulle retribuzioni dei lavoratori. Un revirement, rispetto alla circolare Inps n. 32/2022, che riproporziona parzialmente le misure pecuniarie irrogabili e può comportare per i trasgressori “risparmi” anche di oltre € 11.500 a illecito.

di Mauro Parisi

Come già si ricordava su questa rivista alcuni numeri fa (cfr. “Omessi versamenti di ritenute Inps e la campagna di sanzioni monstre”: Sintesi, giugno 2022, pag. 19), a causa della previsione dell’art. 2, co. 1 bis, D.l. n. 463/1983, per l’omesso versamento delle ritenute sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, per un importo omesso non superiore a € 10.000 nell’anno, viene irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di € 10.000 a € 50.000. Sempre che, beninteso, il datore di lavoro non abbia provveduto al versamento delle ritenute evase entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

La citata previsione sanzionatoria e le circostanze dei vari casi, nel tempo, erano passate piuttosto in sordina, con l’Inps che procedeva a saltuarie contestazioni e raramente a irrogare sanzioni amministrative.

Poi, in tempi recenti, e soprattutto nell’anno in corso, con la circolare Inps n. 32/2022, l’Istituto si è dato una “scossa” e sono incominciate a imperversare le misure punitive.

Così, mentre nei Verbali di contestazione dell’illecito amministrativo i datori di lavoro-trasgressori venivano ammessi a corrispondere l’importo in misura ridotta (quello che permette di estingue la procedura punitiva) in € 16.666, la direttiva dell’Istituto impegnava ogni sede -in caso di mancata resipiscenza, con versamento delle ritenute omesse o corresponsione della detta somma in misura ridotta- all’ “ irrogazione di una sanzione amministrativa di importo superiore a quello determinato in misura ridotta”.

Pertanto, la circolare n. 32/2022 stabiliva che la sanzione amministrativa irrogata con l’ordinanza-ingiunzione avrebbe avuto un “importo da un minimo di 17.000 euro fino a un massimo di euro 50.000”.

Importi decisamente notevolissimi, anche al cospetto di minime infrazione. Per cui, a titolo di esempio, a fronte dell’omesso versamento di € 350, l’Inps avrebbe dovuto irrogare una sanzione pecuniaria minima a partire da € 17.000 a crescere.

Il recente intervento del messaggio Inps del 27.9.2022, n. 3516 ha però preso atto di una serie di criticità emerse fino a oggi, specialmente nei contenziosi che sono conseguiti alle numerose sanzioni irrogate.

Va detto che la nota dell’Istituto, relativa alla notifica degli atti di accertamento della violazione ed emissione dell’ordinanza-ingiunzione e alle nuove indicazioni operative al riguardo, si presenta di una certa complessità espositiva.

Volendo limitare la disamina agli aspetti immediatamente rilevanti per i potenziali trasgressori, si può osservare come il messaggio, nel tentativo di chiarire quali debbano essere i termini della quantificazione delle sanzioni amministrative imposti dalla legge, oltre a confermare che quanto determinato fino a oggi, nella sostanza, non appare corretto, individua un metodo certo di quantificazione degli importi irrogabili.

L’Inps pone l’accento, in particolare modo, sulla previsione dell’art. 9, comma 5, D.lgs. n. 8/2016 -decreto attuativo che ha disposto la depenalizzazione in discorso-, il quale stabilisce che

Entro sessanta giorni dalla notificazione degli estremi della violazione l’interessato è ammesso al pagamento in misura ridotta, pari alla metà della sanzione, oltre alle spese del procedimento. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

La disposizione indiscutibilmente introduce una previsione speciale di misura ridotta, idonea all’estinzione del procedimento sanzionatorio.

Come noto, alla luce della legge n. 689 del 1981, il procedimento sanzionatorio amministrativo, che inizia con la contestazione dell’illecito amministrativo (con il verbale di accertamento), si conclude con l’irrogazione della sanzione amministrativa vera e propria (a mezzo dell’ordinanza-ingiunzione).

Con la contestazione dell’illecito (cioè degli estremi della violazione accertata), salvo specifici casi esclusi per legge, il trasgressore e l’obbligato in solido vengono ammessi al versamento di una somma, in c.d. misura ridotta, prevista con modalità predeterminate “pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo”.

Nel caso degli omessi versamenti ai sensi dell’art. 2, comma 1bis, D.l. n. 463/1983, tale misura ridotta, ai sensi dell’art. 16, L. n. 689/1981, come osservato sarebbe pari a € 16.666.

Ma a quanto equivale, invece, l’importo “pari alla metà della sanzione” di cui all’art. 9, comma 5, D.lgs. n. 8/2016?

In effetti, al momento della contestazione e notificazione degli estremi della violazione, in senso tecnico, non parrebbero ancora esserci “sanzioni” comminate (salvo casi di condanne penali definitive, per cui si trasformi la pena in misura pecuniaria: art. 8, D. lgs. n. 8/2016). Per cui -tecnicamente-, non sarebbe dato comprendersi a quale dimezzamento di sanzioni amministrative faccia riferimento l’art. 9, comma 5, D.lgs. n. 8/2016.

Tuttavia, una soluzione in termini di fattibilità e, per di più, favorevole ai trasgressori oggi la fornisce l’Inps. Il quale, proprio con il messaggio n. 3516/2022 precisa che va garantita

la rimodulazione dell’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie da irrogare con la notifica dell’ordinanza-ingiunzione, consentendo la loro determinazione a partire dal minimo edittale fissato in euro 10.000. In ragione di ciò, le ordinanze-ingiunzione in corso di emissione o emesse e non notificate alla data di pubblicazione del presente messaggio dovranno prevedere l’irrogazione di una sanzione amministrativa determinata tenendo conto dell’importo delle ritenute omesse e delle eventuali reiterazioni della violazione.

Perciò, calcolata la “sanzione” (in modo “automatico”, anche senza attendere l’ordinanza-ingiunzione), la misura ridotta speciale dovrà intendersi pari alla sua metà.

Una tabella allegata al messaggio spiega come opera il nuovo meccanismo di determinazione, che tiene conto di coefficienti predefiniti di conteggio.

In sostanza, nel caso di omissione dei versamenti occorsi in un anno, la sanzione amministrativa irrogabile sarà pari all’importo delle ritenute sulle retribuzioni dei lavoratori non versate, moltiplicate per il coefficiente 1,2.

Facciamo l’esempio di due trasgressori, l’uno che nel corso dell’anno non ha versato € 1000 di ritenute, mentre il secondo non ha versate € 9000.

Nel primo caso la sanzione amministrativa sarà pari a € 1000 x 1,2 = € 1200. Ma, come espone la tabella Inps allegata al messaggio (“se la misura della sanzione amministrativa, determinata secondo il criterio indicato in ciascuna colonna della tabella, sia pari ad un importo inferiore a euro 10.000 ovvero superiore a euro 50.000, la sanzione sarà irrogata rispettivamente nella misura di euro 10.000 e di euro 50.000”), non essendo prevista una sanzione inferiore a € 10000, sarà quest’ultima, nel caso, la “sanzione” da applicarsi. Per cui la misura ridotta “dimezzata” risulterà pari a € 5000 (e, dunque, non a € 16.666).

Nell’ipotesi in cui, invece, l’omissione contributiva sia di € 9.000, il medesimo schema di calcolo ci condurrà a una sanzione amministrativa pari a € 10.800 (€ 9000 x 1,2 = € 10.800), con importo in misura ridotta pari a € 5.400.

Nel caso di reiterazione delle omissioni, sono previste, poi, a seconda degli anni di reiterazione, dei coefficienti di aggravio della sanzione (per esempio, nel caso di reiterazione per un anno: “importo ritenute omesse x 1,2 + importo ritenute omesse x 0,5”). Per cui, stando ai casi di cui sopra, nel primo caso (omissioni di € 1000 per anno) potremmo avere una sanzione di € 1700 (quindi, da ricondurre al minimo edittale di € 10.000); nel secondo, una sanzione pecuniaria di € 15.800. Anche qui con importi da calcolare al 50% (€ 7.900 nel secondo caso).

Fissata la sanzione, pertanto, come rileva anche il messaggio dell’Inps, vi sarebbe la possibilità di applicare in via alternativa la misura ridotta “speciale” (per evasioni meno gravi, di € 5000) oppure quella degli € 16.666 (“se più favorevole, il responsabile dovrà essere ammesso al pagamento della sanzione amministrativa nella misura ridotta, definita dall’articolo 16 della legge n. 689/1981”).

Vale a dire che, nella stragrande maggioranza dei casi (salvo reiterazioni rilevanti e tendenzialmente di almeno quattro anni), l’illecito potrà essere estinto versando un più contenuto importo “speciale”, in misura notevolmente inferiore alla misura ridotta ex art. 16, L. n. 689/1981.

Quella applicata dall’Istituto fino a oggi.

Una determinante precisazione dell’Inps, in definitiva, che consente finalmente di riproporzionare (seppure parzialmente) le sanzioni amministrative dell’art. 2, co. 1 bis, D.l. n. 463/1983 alla gravità effettiva degli illeciti.

[Sintesi n. 10/2022]

[Articolo pubblicato anche su www.verifichelavoro.it]