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In caso di denunce Inps involontariamente omesse dall’azienda, non seguono mai le più gravi sanzioni civili per evasione. E ciò, per i giudici del lavoro, qualunque sia il tempo del successivo ritardo nei versamenti della contribuzione dovuta. Con una pronuncia di fondamentale importanza nel ribadire con esattezza il diritto dei contribuenti in materia, la Sezione lavoro della Corte d’Appello di Venezia (sentenza del 16 marzo 2022, n. 93, Pres. Perina) fa chiarezza su una delle prassi sfavorevoli dell’Inps più consolidate. Infatti, viene ordinariamente ritenuto che i ritardi nei versamenti contributivi superiori a 30 giorni dalla presentazione delle denunce comportino sempre l’applicazione della più grave maggiorazione per cd. evasione (fino al 60% della contribuzione dovuta), anziché quella meno grave, per cd. omissione (fino al 40% della contribuzione). Un modo di procedere che colpisce il contribuente, per il quale, tuttavia, non risulta sussistere il conforto della legge.

La vicenda considerata dai giudici veneti riguardava la posizione di un’azienda manifatturiera, i cui professionisti omettevano di trasmettere nei previsti termini di legge le denunce Uniemens relative ad alcuni mesi.

Già nel corso del primo grado veniva acclarato che il ritardo, non solo dipendeva dall’organizzazione dello studio che assisteva l’azienda, ma che era pure occorso in buona fede, a causa di alcuni problemi tecnici, peraltro non contestati dall’Inps, a quali si era posto rimedio solo nei mesi successivi. Al tardivo adempimento erano poi seguiti dei versamenti di contribuzione realizzati oltre i trenta giorni dalle tardive denunce, a causa di alcune difficoltà finanziarie in cui era a sua volta incorsa l’azienda.

Malgrado le ragioni dell’omissione delle denunce non fossero in discussione, e fermo che tutti i contributi denunciati erano stati già versati, seppure tardivamente, per l’Inps la circostanza che ciò fosse comunque avvenuto oltre i trenta giorni previsti dall’art. 116, comma 8, lettera b), legge n. 388/2000, comportava automaticamente l’applicazione della sanzione civile più grave.

Va notato come, per l’orientamento uniforme della giurisprudenza, ogni inadempimento contributivo, anche in presenza di denunce, sia da presumere fraudolento e volto all’occultamento. Almeno fino alla (difficile) prova contraria da parte del contribuente. Ragione per cui, in effetti, per ritardi e omissioni viene solitamente applicata dall’Istituto la maggiorazione più grave.

Per le evasioni fraudolente, a ogni modo, la norma prevede una forma di ravvedimento operoso -con in premio la sanzione civile più lieve- nel caso in cui, non solo «la denuncia della situazione debitoria sia effettuata spontaneamente prima di contestazioni», ma anche che «il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro trenta giorni dalla denuncia stessa».

A giudizio della Corte d’Appello veneziana, tuttavia, tale forma di ravvedimento (e di relativo calcolo dei “trenta giorni”) riguarda solo gli inadempimenti contributivi riconosciuti «fraudolenti», mentre va ritenuto irrilevante nel caso non sussista occultamento ed evasione contributiva, ma solo omissione involontaria di denunce. Ragione per cui, nel caso considerato, la sanzione civile applicata doveva essere senz’altro quella meno grave.

di Mauro Parisi

[ItaliaOggi n. 68 del 22.03.2022]