La circolare Inps n. 44 del 19.02.2025 su content creator e influencer, nell’intenzione dell’Istituto, sarebbe chiamata a ordinare un fenomeno multiforme e privo di specifica disciplina. Il compito appariva arduo e, malgrado gli sforzi, gli esiti classificatori e sistematici che ne derivano non possono che risultare incerti, se non contraddittori.
Annunciata fin da dicembre 2024, dopo molte probabili e comprensibili riflessioni, è stata infine resa pubblica la circolare dell’Inps del 19.02.2025, n. 44 relativa ad “attività dei content creator” e ai connessi profili previdenziali.
La circolare si presenta, anche a una prima e superficiale lettura, evidentemente molto “sofferta”, non potendo fornire -a causa dei noti vuoti normativi- indicazioni realmente certe e dovendosi limitare a nessi inferenziali tutt’altro che evidenti. Trattando di supposti oneri e adempimenti giuridici, non proprio un abbrivio positivo per risolvere le questioni che pone la materia.
Le difficoltà sistematiche in cui incedono le istruzioni dell’Istituto, iniziano dai vaghi (e non potrebbe essere altrimenti, alla luce di un fenomeno multiforme e in continuo divenire) connotati definitori delle categorie di lavoratori digitali interessati.
Nell’ambito dell’attività di creazione di contenuti digitali … il termine content creator assurge alla “macro categoria” che definisce in concreto quella medesima azione da cui prende il nome e che ricomprende una serie complessa di attività oggetto della presente circolare. All’interno della suddetta categoria di attività si annovera quella peculiare dell’influencer, ossia colui che in ragione della sua popolarità e del credito maturato nell’ambito della comunità degli utenti delle piattaforme è particolarmente idoneo a orientare opinioni e gusti del pubblico di riferimento. Lo sfruttamento commerciale della propria immagine e del seguito maturato si sostanzia prevalentemente nell’attività di promozione di beni o servizi, a fronte di denaro o altre utilità. Sotto un diverso profilo, le attività dei content creator possono articolarsi in una moltitudine di professionalità flessibili, mutevoli e contraddistinte dal mezzo di diffusione utilizzato o dal tipo di contenuto realizzato, quali, a mero titolo esemplificativo, youtuber, streamer, podcaster, instagrammer, tiktoker, blogger, vlogger, ecc. Tali figure, laddove ricorrano altresì le caratteristiche sopra illustrate, possono essere ricondotte alla categoria dell’influencer.
Dal punto di vista classificatorio -e, ciò che più conta, pratico-, quanto espresso non si connota per soverchia chiarezza. Innanzitutto, content creator e influencer sono la stessa cosa? Sì e no, si direbbe, guardando all’Inps.
In ogni caso, negli uni e negli altri, stando all’indicazione dell’Istituto, sarebbero riconoscibili i connotati degli operatori commerciali, riconducibili al settore delle agenzie pubblicitarie (cfr. Sintesi, 12/2024, pag. 14: “Influencer vs. Inps. Niente spettacolo, ma servizi pubblicitari.”).
Si fa presente che, a fare data dal 1° gennaio 2025, è stato istituito il nuovo codice ATECO 73.11.03, relativo alle attività di influencer marketing e content creator.
Si direbbe, perciò, che il problema possa essere così risolto una volta per tutte (influencer e creator = operatori commerciali).
In realtà, si è solo all’inizio di un accidentato percorso di distinguo e discettazioni metagiuridiche.
La ragione del difficoltoso contributo, in termini giuridici, discendente dall’intervento dell’Istituto (pur bene comprendendosi il desiderio di offrire, sotto il profilo interpretativo, alcune indicazioni operative ai propri uffici) viene rivelato in modo lineare dalla stessa circolare in commento: il legislatore, al riguardo, nulla ha mai stabilito.
In relazione alle figure sinora considerate, in assenza di specifiche disposizioni normative che le definiscano, si pone la questione dell’inquadramento e della qualificazione giuridica da ricondurre all’interno di un sistema di regole giuridiche costituito da principi e criteri lavoristici, fiscali e previdenziali, che attualmente non le contempla, ma che, tuttavia, allo stato attuale, rappresenta il parametro di riferimento per individuare, di volta in volta, la disciplina previdenziale applicabile a seconda delle concrete modalità con cui le rispettive attività sono realizzate e il relativo reddito prodotto.
Non si tratta di una circostanza da poco, per chi voglia offrire indicazioni su quali sarebbero le corrette prassi giuslavoristiche e previdenziali per dette attività di lavoro.
La mancanza di previsioni di legge, dunque, è l’unico vero punto fermo di ogni ragionamento su influencer e content creator. Una prospettiva che, già di per sé, in una logica giuridica attenta -soprattutto alle ragioni dei contribuenti-, dovrebbe sconsigliare di prospettare pretese economiche sulla base di meri sillogismi. Al riguardo, infatti, l’art. 23 della Costituzione continua a rappresentare un muro invalicabile di garanzia, anche per l’Inps (“Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”), non certo legibus solutus.
Avviatosi su un terreno periglioso, tuttavia, l’Istituto si assume con coraggio l’ingrato compito di regolamentare un fenomeno invero fluido, a suo dire tenendo conto di alcune “variabili chiave” (chiaramente prive di radicamento positivo alcuno e di individuazione discrezionale), “quali le concrete modalità in cui si estrinseca l’attività, il contenuto della prestazione medesima, il modello organizzativo adottato e le modalità di erogazione/percezione dei corrispettivi”.
Emergono così diversi “inquadramenti” dell’attività dei content creator, talvolta singolari, spesso controintuitivi e di una perplessità estrinseca che rende complesse anche le disamine.
Innanzitutto, esisterebbero i creator-impresa commerciale, soggetti alla relativa Gestione commercianti dell’Istituto.
Qualora l’attività di un professionista del settore in argomento sia la risultante di più attività, nelle quali gli elementi organizzativi prevalgano su quelli personali, cioè si abbia l’utilizzo prevalente dei mezzi di produzione rispetto agli elementi personali, così come, ad esempio, la vendita di video o la gestione di banner pubblicitari, allora si tratta di un’attività economica che rientra nel settore commerciale/ terziario, con obbligo di svolgimento in forma di impresa e conseguente iscrizione alla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura (CCIAA) con attribuzione del corrispondente codice ATECO da cui deriva l’obbligo di iscrizione alla gestione speciale autonoma degli esercenti attività commerciali. Il regime di impresa, sia in forma individuale che societaria, come determinato ai fini della natura dei compensi percepiti ai sensi dell’articolo 55 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), generato anche tramite il caricamento di contenuti sulle piattaforme digitali (ad esempio, come nel caso di youtuber, twitcher, ecc.), determina l’obbligo contributivo presso la gestione speciale autonoma degli esercenti attività commerciali, mentre gli ulteriori redditi possono essere eventualmente ricondotti nei regimi previdenziali indicati per il lavoro autonomo di seguito illustrati, in base ai medesimi canoni ivi esplicitati. Parimenti, rientrano nella Gestione speciale autonoma degli esercenti attività commerciali le attività produttive di cui al codice ATECO n. 73.11.02 denominate “Conduzione di campagne di marketing e altri servizi pubblicitari”, sempre se organizzate in forma di impresa.
Perché, per esempio, “ la vendita di video o la gestione di banner pubblicitari” determinerebbe ipso facto un “utilizzo prevalente dei mezzi di produzione rispetto agli elementi personali” non è dato sapere e corrisponde palesemente a una scelta arbitraria dell’Istituto.
Tuttavia, tali connotati renderebbero il predetto operatore digitale diverso, a quanto pare, dal creator-lavoratore autonomo, soggetto invece alla Gestione separata dell’Inps, come descritto dalla circolare.
Laddove l’attività posta in essere assuma le caratteristiche della prestazione di servizi attraverso un lavoro senza vincoli di subordinazione o parasubordinazione, con prevalenza di attività personale e intellettuale, e al di fuori dell’esercizio di un’attività di impresa, e pertanto sia qualificabile come prestazione libero professionale, resta fermo l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Alla luce delle generiche indicazioni che inevitabilmente possono venire offerte, in sostanza, a priori non è dato realmente conoscere cosa potrebbe fare propendere per l’una soluzione, anziché per l’altra.
Ma le questioni, purtroppo, non si risolvono nella predetta dicotomia creator-impresa e creator-autonomo, semmai esse fossero a priori categorie effettivamente riconoscibili.
Perché per l’Istituto esisterebbe anche una terza categoria opzionabile, quella dei creator- lavoratori dello spettacolo, soggetti al Fondo pensioni per i lavoratori dello spettacolo -FPLS, connotati nei termini che seguono:
anche i content creator, quando non si limitino a caricare sulle piattaforme in rete contenuti video, ancorché negli stessi siano presenti inserimenti di prodotti a scopo promozionale, ma, sulla base di impegni assunti contrattualmente con un committente (brand o agenzia di intermediazione), svolgano attività remunerate volte alla realizzazione di prodotti audiovisivi con specifica destinazione pubblicitaria, allorché venga in rilievo lo svolgimento di un’attività riconducibile a quelle proprie delle categorie tabellate (ad esempio, attore di audiovisivi, regista di audiovisivo, indossatori, fotomodelli) sono da considerare come lavoratori dello spettacolo e, di conseguenza, devono essere obbligatoriamente assicurati al FPLS, a prescindere dalla forma contrattuale del rapporto di lavoro e dal grado di autonomia insito nella prestazione, con conseguente versamento della contribuzione previdenziale e assistenziale dovuta da parte del datore di lavoro/committente
Come è dato osservare dalle predette tre elucubrate fattispecie di content creator -che recherebbero obblighi contributivi e adempimenti differenti verso l’Inps-, non è facile comprendere come una medesima attività di carattere promozionale e commerciale su youtube o tiktok (indiscutibilmente riconducibile al codice ATECO 73.11.03) possa determinare una diversa “natura” dell’influencer marketing (e l’obbligo a una diversa gestione previdenziale), a seconda, per esempio, dell’estrinseca e contingente presenza e “gestione di banner pubblicitari” (creator-commerciante) o della “realizzazione di prodotti audiovisivi con specifica destinazione pubblicitaria” (creator-spettacolo).
Apparentemente si tratta della stessa cosa, declinata in termini un po’ diversi.
I potenziali esiti definitori offerti dalla circolare n. 44/2025 appaiono, così, molto sfuggenti -e senz’altro non tassativi (mancando leggi e regolamenti peculiari al riguardo, con l’unico punto fermo del codice ATECO “commerciale”)-, lasciati come sono alle percezioni pressoché sensoriali delle sedi Inps, chiamate a osservare il fenomeno.
Peraltro tali offerte partizioni classificatorie sembrerebbero collidere con le posizioni assunte dal Consiglio dell’Unione europea, con le proprie conclusioni e raccomandazioni del 14 maggio 2024 che hanno sottolineato la connotazione commerciale delle attività degli influencer (come noto ASSOINFLUENCER è affiliata alla rete nazionale di Confcommercio professioni), caratterizzate da “un rapporto con il loro pubblico che è basato sull’autenticità”.
Nulla di “spettacolare”, dunque.
Evidentemente conscia di tali difficoltà sistemiche, la circolare n. 44/2025 ritiene opportuno compiere un ulteriore e, nei suoi intenti, scriminante sforzo di categorizzazione. Fa ciò, specificando che pure i content creator sono tenuti a rispettare le norme in tema di comunicazioni commerciali anche in vlog e immagini personali (cfr. artt. 43 ss, D.lgs n. 208/2021), inserendo “hashtag” o comunque “indicazioni (partnership retribuita, pubblicità, ecc.), in modo da comunicare ai follower (coloro che lo seguono sui social), sin da subito, la natura promozionale del prodotto mostrato” e che il pubblico venga informato di un’eventuale partnership tra brand e content creator.
In tali casi, per l’Inps, con un salto logico non supportato da alcuna previsione giuridica, ma neppure fattuale, si sarebbe automaticamente in presenza di spot pubblicitari intesi come “spettacolo”, gli influencer marketing sarebbero meri “attori” (benché in effetti “interpretino”, come notorio, solo se stessi) e sarebbe possibile affermare che
i contenuti prodotti (reel, post, ecc.) sono pacificamente assimilabili, sotto ogni aspetto, a prodotti con finalità pubblicitarie che vengono offerti al pubblico su svariate piattaforme (TV, cinema, radio, ecc.)
Tradotto: qualunque filmato di un tiktoker che si riprende mentre si fa la barba, con bene in vista la propria lattina di schiuma da barba, sarebbe uno “spot” e lui, ipso facto, un “attore” ai sensi del D.lgs n. C.P.S. n. 708/1947.
Tutto chiarito, dunque.
Neanche in questo caso.
Infatti, per la circolare n. 44/2025 pure tra i video, vlog e post con carattere promozionale occorre compiere un’ulteriore summa divisio tra i casi in cui vi sarebbe “totale aggregazione tra promozione pubblicitaria e performance artistica” e quelli in cui sarebbe individuabili attività del content creator riconducibili a quelle di endorsement.
Restano escluse dalla disciplina dell’obbligo previdenziale al FPLS le attività riconducibili a quelle di endorsement, nelle quali venga in rilievo il semplice abbinamento tra la notorietà del content creator e il prodotto e/o servizio, ossia il semplice uso dei prodotti, o i casi in cui nell’ambito dei contenuti personali dei propri profili social vengano introdotte mere inserzioni pubblicitarie, senza perciò porre in essere alcuna attività da parte dell’artista. In tali casi resta fermo l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata
Come noto con “endorsement” si intende l’accostamento in forme varie e atipiche di un prodotto o brand a un personaggio noto (una celebrity), che abbia credibilità e visibilità presso il pubblico (come gli influencer marketing, appunto), con cui si aumenti presso il pubblico l’apprezzamento del prodotto stesso.
Esattamente quanto accade ordinariamente nelle attività dei content creator, contraddistinte con codice ATECO 73.11.03, espressioni della personalità individuale nel quadro di accordi commerciali.
Che, dunque, in caso di prestazioni connotate da endorsement (fattispecie e ipotesi innegabilmente indistinguibili da quelle indicate dalla Circolare n. 44/2025 come spot) non si versi in attività di spettacolo, ce lo conferma l’Inps. Come diversamente non poteva essere, del resto.
In definitiva, anche dopo la circolare del 19.02.2025, non sono molti i motivi di indiscutibile certezza per gli operatori e chi li assiste. Con il rischio evidente che le sedi territoriali dell’Inps possano assumere visioni peculiari della materia (magari con soluzioni differenti, a parità di situazioni e prestazioni dei content creator), travalicando i pure encomiabili intendimenti e obiettivi dell’Istituto.
L’unico effettivo motivo di garanzia è che l’Inps, non essendo in grado di agire in forza di definite previsioni positive e generali tipizzazioni, per potere vantare diritti di credito alla contribuzione a una delle sue gestioni, dovrà sempre operare dettagliati accertamenti per ogni singola attività del content creator.
Con più che puntuali indagini e ineccepibili dimostrazioni (art. 2697, c.c.), caso per caso, vlog per vlog, delle proprie tesi.
di Mauro Parisi e Barbara Broi