[toc]
Il Decreto legislativo n. 103/2024 introduce dal 2 agosto una serie di limitazioni all’azione di controllo delle pubbliche amministrazioni sulle attività economiche. Si tratta, tuttavia, di innovazioni che incideranno solo marginalmente sulle verifiche degli Istituti di lavoro e previdenza, come finora conosciute. Ma per il futuro si preparano controlli automatizzati e con A.I..

Il Decreto legislativo del 12 luglio 2024, n. 103, relativo alla semplificazione dei controlli sulle attività economiche, ha gettato nella contrarietà o tuffato nella speranza coloro che sono interessati alle verifiche operate dagli Istituti del lavoro e della previdenza in azienda.

All’indomani dell’entrata in vigore (2 agosto 2024) del decreto attuativo dell’art. 27, co.1, Legge 5 agosto 2022, n. 118, alcuni organi di informazione sono giunti addirittura a stigmatizzare, proprio con speciale riferimento alle ispezioni sul lavoro, il previsto “liberi tutti” dalle sanzioni e l’equivocità di stabilire un comodo preavviso prima dell’avvio dei controlli.

In molti, in definitiva, hanno creduto a un depotenziamento delle ispezioni sul lavoro come finora le abbiamo conosciute, impreviste e implacabili. Ma, in effetti, non sarà così.

La norma, ad ampio spettro e relativa a tutte le possibili verifiche in realtà economiche (“«attività economica»: l’attività che consiste nella produzione e nell’offerta di beni e servizi sul mercato”) da parte delle amministrazioni, offre garanzie fondamentali in materia di controlli pubblici, con previsioni di principio, precetti già operativi e di prospettiva, i quali, però, non paiono capaci di intaccare -almeno nel breve periodo- le attuali dinamiche delle verifiche a datori di lavoro e committenti.

In particolare, ha suscitato interesse e qualche scalpore l’art. 5 del decreto legislativo, per cui, ribadita la necessità del rispetto del principio di contradditorio (come noto solitamente disatteso nelle ispezione del lavoro, rispetto alle omologhe in ambito fiscale) e l’esigenza di proporzionalità delle sanzioni al livello di rischio delle attività (quello “basso” potrà essere certificato sulla base di norme tecniche e prassi), si è affermata, al comma 8, la previsione dell’esigenza di un preavviso prima dell’avvio di un controllo ispettivo.

Art. 5, D.lgs. n. 103/2024

In attuazione del principio di trasparenza, salvo che ricorrano i casi di cui al comma 3 [richieste dell’Autorità giudiziaria o di circostanziate segnalazioni di soggetti privati o pubblici, nei casi previsti dal diritto dell’Unione europea, nei casi di controlli per la sicurezza sui luoghi di lavoro e, comunque, ogni qual volta emergano situazioni di rischio] o motivi di urgenza del controllo o esigenze di ricorrere ad accessi ispettivi imprevisti o senza preavviso, l’amministrazione fornisce in formato elettronico, almeno dieci giorni prima del previsto accesso presso i locali dell’attività economica, l’elenco della documentazione necessaria alla verifica ispettiva.

La disposizione ha suscitato immediate polemiche -per il pericolo di vedere vanificata la repressione delle irregolarità, oltre che per quello di compromettere il potere di deterrenza delle verifiche- e perplessità a cui, tuttavia, ha subito posto termine l’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Con la Nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro del 31.07.2024, prot. n. 1357, infatti, sono state offerte rassicurazioni sul mantenimento dello status quo per quanto concerne l’ispezione del lavoro. Nessun avviso preventivo sarà dovuto a datori di lavoro e committenti prima dell’arrivo degli ispettori.

Nota INL del 31.07.2024, prot. n. 1357

Non appare invece sostanzialmente applicabile agli accertamenti di competenza dell’Ispettorato nazionale del lavoro la previsione secondo cui le amministrazioni sono tenute a fornire, prima di un accesso nei locali aziendali, “l’elenco della documentazione necessaria alla verifica ispettiva”. Da tale obbligo sono infatti esonerate tutte le iniziative avviate dalle amministrazioni che hanno esigenze di ricorrere ad accessi ispettivi “imprevisti o senza preavviso”, esigenze che ricorrono pressoché ogni volta l’Ispettorato avvii una attività di vigilanza sia in materia lavoristica, sia in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Va da sé, infatti, che l’eventuale richiesta di documentazione alle imprese prima di un qualsiasi accesso ispettivo vanificherebbe l’efficacia della tipologia di accertamenti di competenza di questo Ispettorato.

La medesima Nota del 31.07.2024 ha inoltre limitato il raggio di applicazione dell’ulteriore e controversa innovazione, stabilita dall’art. 6 del D.lgs. n. 103/2024 (“Violazioni sanabili e casi di non punibilità per errore scusabile”), in riferimento alla sanabilità senza conseguenze sanzionatorie di illeciti amministrativi, previa adesione entro 20 giorni alla speciale diffida ora stabilita (da non confondere con quella di cui all’art. 13, D.lgs. n. 124/2004, che continuerà a essere applicata).

Art. 6, D.lgs. n. 103/2024

Salvo che il fatto costituisca reato, per le violazioni per le quali è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria non superiore nel massimo a cinquemila euro, l’organo di controllo incaricato, nel caso in cui accerti, per la prima volta nell’arco di un quinquennio, l’esistenza di violazioni sanabili, diffida l’interessato a porre termine alla violazione, ad adempiere alle prescrizioni violate e a rimuovere le conseguenze dell’illecito amministrativo entro un termine non superiore a venti giorni dalla data della notificazione dell’atto di diffida. In caso di ottemperanza alla diffida, il procedimento sanzionatorio si estingue limitatamente alle inosservanze sanate. L’istituto della diffida amministrativa di cui al presente decreto non si applica a violazioni di obblighi o adempimenti che riguardano la tutela della salute, la sicurezza e l’incolumità pubblica e la sicurezza sui luoghi di lavoro.

Al riguardo, è lo stesso Inl che ha espressamente circoscritto la portata degli effetti delle novità in commento per quanto concerne, non solo i controlli in materia di lavoro, ma pure quelli relativi alle posizioni previdenziali e assicurative.

In definitiva, si è opportunamente precisato che le ipotesi sanabili potranno soprattutto riguardare adempimenti di carattere documentale e senza riflessi sulla sicurezza del lavoro -quali quelli in materia di Libro Unico del lavoro (art. 39, D.l. n. 112/2008) e di tracciabilità della corresponsione delle retribuzioni (articolo 1, commi 910-913, della Legge n. 205/2017)-, purché relativi a illeciti amministrativi per cui può venire irrogata in astratto una sanzione pecuniaria non superiore a € 5000.

Tra le ipotesi suscettibili di esonero dalle sanzioni, pertanto, risultano esclusi in modo molto significativo gli illeciti relativi al lavoro sommerso (per limite massimo edittale della “maxisanzione”) e a somministrazioni e appalti illeciti (poiché ora reati e non meri illeciti amministrativi, gli unici considerati dal D.lgs. n. 103/2024).

La sensibile riduzione, rispetto a quanto paventato in un primo momento, del campo di applicazione delle previsioni di sanatoria e di non punibilità conseguenti ad accertamenti ispettivi, è stato puntualmente argomentato dalla predetta Nota Inl, già prima dell’entrata in vigore del decreto, e limiterà al riguardo l’azione dei funzionari e degli Istituti.

Nota INL del 31.07.2024, prot. n. 1357

In ordine al campo di applicazione della diffida amministrativa occorre dunque evidenziare i seguenti aspetti:

– la stessa trova applicazione esclusivamente in relazione alle violazioni per le quali è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria, come tale soggetta alla disciplina di cui alla L. n. 689/1981;

– la sanzione amministrativa non deve prevedere, nel massimo, un importo superiore ad euro 5.000. Tale importo va considerato, per evidenti ragioni di uniformità e per la lettera della norma (“è prevista”), come limite in astratto previsto dalla disposizione sanzionatoria e non come sanzione irrogata nel concreto. Ne consegue che esula dalla applicazione della diffida amministrativa, a titolo esemplificativo, la maxisanzione per lavoro “nero” nonché tutte le sanzioni proporzionali (ad es. quelle calcolate in base alla durata della violazione come avviene per l’art. 15, comma 4, della L. n. 68/1999 in materia di collocamento obbligatorio) poiché, come previsto dall’art. 10 della L n. 689/1981, “non hanno limite massimo”;

– la violazione sanabile deve essere stata per la prima volta accertata nell’arco di un quinquennio. In altri termini, laddove il personale ispettivo accerti che nei cinque anni antecedenti all’accesso ispettivo sia stata commessa la medesima o un’altra violazione in materia di lavoro e legislazione sociale soggetta a diffida, la diffida amministrativa non sarà applicabile rispetto alla violazione da ultimo accertata;

– la violazione deve essere materialmente sanabile, sono pertanto da escludersi tutte quelle violazioni per le quali l’interesse giuridico tutelato non è più recuperabile, come ad esempio avviene in caso di violazione delle disposizioni in materia di tempi di lavoro di cui al D.Lgs. n. 66/2003, peraltro da ritenersi comunque escluse in ragione in quanto espressione dell’adempimento a “vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e dal diritto internazionale”. Sul punto va viceversa chiarito che la diffida ex art. 6 del D.Lgs. n. 103/2024 non potrà ritenersi esclusa in ragione della espressa previsione normativa circa l’inapplicabilità della diffida ex art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004, previsione talvolta inserita dal legislatore al solo fine di aggravare la reazione sanzionatoria e non perché l’illecito non sia effettivamente sanabile;

– la diffida amministrativa non si applica a violazioni di obblighi o adempimenti che riguardano, fra l’altro, la tutela della salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Al riguardo va evidenziato che gran parte delle violazioni il cui accertamento compete a questo Ispettorato hanno evidenti riflessi sulla salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Tale formulazione non va intesa infatti in senso restrittivo come riferibile alle sole previsioni di cui al D.Lgs. n. 81/2008, che infatti non è espressamente citato e rispetto al quale è peraltro previsto un impianto sanzionatorio quasi esclusivamente penale.

Le previsioni della norma e i primi chiarimenti amministrativi dell’Ispettorato Nazionale, tra l’altro, vengono a confermare come non siano stati introdotte novità sostanziali e limiti alla consueta azione ispettiva degli Istituti di previdenza.

Per cui, anche alla luce dell’innovativo D.lgs. n. 103/2024, salvo le previsioni di principio destinate a incidere soprattutto in futuro, l’Inps potrà continuare a condurre le proprie verifiche, intraprendendole in modo inopinato.

Tra i pochi vincoli del decreto di semplificazione a cui saranno soggetti tutti gli organi di controllo su lavoro e legislazione sociale, emerge invece quello della non reiterabilità dei controlli alle aziende che presentano un rischio “basso”, per dieci mesi (che però possono salire a dodici mesi nel caso in cui le aziende ispezionate risultino iscritte alle c.d. “Liste di conformità” tenute dall’Inl ai sensi dell’art. 29, D.l. n. 19/2004) e della non sovrapposizione delle verifiche tra le varie amministrazioni (ai sensi dell’art. 5, “Non possono essere effettuate due o più ispezioni diverse sullo stesso operatore economico contemporaneamente, a meno che le amministrazioni non si accordino preventivamente per svolgere una ispezione congiunta”).

In chiave futura, merita invece di essere segnalato l’emergere di una certa inquietudine per quelle previsioni che prospettano controlli ispettivi “automatizzati”, anche mediante l’intelligenza artificiale, ai sensi dell’art. 9, D.lgs. n. 103/2024 (“Utilizzo di soluzioni tecnologiche nelle attività di controllo”).

Si tratta di indicazioni normative comunque volte a spersonalizzare il controllo ispettivo, rendendolo meno soggettivo.

Per quanto riguarda l’Inps, del resto, tali disposizioni relative a future verifiche alle aziende a prescindere dall’azione ispettiva tradizionale, si sommano a quelle entrate in vigore il 1° settembre 2024 concernenti controlli operati solo d’ufficio e mediante l’utilizzo di banche dati (D.l. n. 19/2024).

Art. 9, D.lgs. n. 103/2024

Le amministrazioni cui sono attribuite funzioni di controllo, diverse da quelle in materia di controllo fiscale, in attuazione delle disposizioni del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, adottano misure volte ad automatizzare progressivamente le proprie attività, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, ricorrendo a soluzioni tecnologiche, ivi incluse quelle di intelligenza artificiale in coerenza con il principio di proporzionalità al rischio secondo le regole tecniche finalizzate alla realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana. Le soluzioni tecnologiche garantiscono la sicurezza e l’interoperabilità dei sistemi informatici e dei flussi informativi per la circolazione e lo scambio dei dati e per l’accesso ai servizi erogati in rete dalle amministrazioni che effettuano i controlli.

Per controlli posti in essere con l’“intelligenza artificiale” (come per qualunque attività di verifica “artificiale” dell’applicazione della disposizione alla fattispecie sostanziale), si può osservare come una previsione di tal fatta si ponga in modo problematico in ordine alle definizioni e ai metodi che si seguiranno, nonché, in sostanza, all’effettiva difendibilità di aziende e soggetti passivi costretti a subire controlli “automatizzati”.

Tuttavia, se l’intelligenza artificiale saprà operare secondo una logica giuridica corretta e condivisa, riconoscendo quantomeno la sussistenza del preminente principio di legalità, si potrà finalmente provare a superare il tradizionale carattere inquisitorio -e non di rado arbitrario- dei controlli ispettivi sul lavoro e dei loro esiti.

di Mauro Parisi

[Sintesi n. 8/2024]