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Dall’inizio della pandemia Covid l’ispezione del lavoro e i suoi usuali effetti si sono assopiti. Ma con il Recovery Plan è prevista una nuova e più intensa stagione di controlli, anche grazie all’assunzione di migliaia di ispettori. Il rischio è che gli obiettivi siano conseguiti con nuove compressioni dei diritti delle aziende, come già da tempo accade. Per professionisti e imprese si tratta di una nuova sfida, che parte, per ora, da iniziative di prevenzione, come i check up aziendali.

Dopo il lungo assopimento del periodo Covid, l’ispezione del lavoro sta per tornare ai blocchi di partenza.

In effetti, dall’anno scorso, per evidenti questioni di opportunità, come pure di riorganizzazione degli uffici ispettivi (fare controlli in smart working non pare cosa facilmente praticabile), aziende e professionisti non si sono dovuti preoccupare troppo di funzionari, recuperi e sanzioni.

Pochissimi verbali, poche ingiunzioni, niente cartelle esattoriali. Con i tanti pensieri che correvano, è stato un contrappunto tutto sommato equo.

Che la moratoria ispettiva non possa durare per sempre, tuttavia, è nelle cose. E che si sia in attesa di una repentina e radicale intensificazione dei controlli sul lavoro è previsto già dallo stesso Recovery Plan, magna charta della ripresa economica.

Per comprendere come il pensiero di essere scrutinati e rispondere agli ispettori del lavoro sia stato, nell’ultimo anno, tutto sommato giustamente marginale, bastano pochi tangibili dati. Dalle relazioni annuali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, per esempio, emerge un dimezzamento dell’azione ispettiva, comparando i dati del 2019 con quelli del 2020, anno quasi tutto vissuto in era Covid.

Senz’altro, nella prima parte del 2021, in attesa dei dati ufficiali, è prevedibile che si sia assistito a un ulteriore decremento dei numeri delle verifiche ispettive, visti i pochi slanci dell’anno precedente.

Peraltro va osservato che molti dei controlli del 2020 hanno riguardato verifiche sul rispetto delle misure preventive applicate dalle aziende in materia di Covid, piuttosto che sui tradizionali aspetti lavoristici.

RECOVERY PLAN E NUOVE ISPEZIONI

Come detto, non è concesso pensare che le cose possano sempre andare come nell’ultimo anno e mezzo.

Al contrario, proprio dalla pandemia sta nascendo una nuova epoca della vigilanza sul lavoro. Insidiosa ancor più della precedente.

Infatti, tra le missioni indicate dal PNRR (Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza), ritroviamo prevista pure una “riforma” concernente l’adozione del Piano d’azione nazionale volto a rafforzare la lotta al lavoro sommerso nei diversi settori dell’economia.

Si tratta di una serie di iniziative che utilizzeranno il “metodo” già praticato in agricoltura, che ha portato all’adozione di un Piano triennale 2020-2022 di contrasto allo sfruttamento lavorativo nel settore e al caporalato (con costituzione di sistemi informativi, pianificazione di flussi e intermediazione, soluzioni alloggiative, rafforzamento dell’attività di vigilanza e contrasto dello sfruttamento del lavoro, eccetera).

Tra le pieghe del piano di resilienza è dunque già stabilita una nuova stagione di massicci controlli. Per essi è prevista la tempistica rapida (con avvio già entro il primo trimestre 2022 e piena funzione dall’inizio del 2024) della strategia di contrasto del lavoro irregolare, favorita altresì dalla revisione delle sanzioni e delle modalità operative delle ispezioni praticate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Dello sforzo richiesto anche dalla Commissione europea, volto ad arginare il sommerso, si può avere ancora una volta una sintomatica e sintetica rappresentazione numerica.

Strumenti e obiettivi della nuova ispezione

– Assunzione di 2000 nuovi ispettori del lavoro

– Incremento del numero delle ispezioni entro la fine del 2024 del 20% rispetto alla media del triennio 2019-2021

Per dare sostanza ai propositi, l’efficacia dell’ispezione sarà maggiormente monitorata, così da misurare, tra l’altro, l’effetto delle azioni compiute in termini di avvenute regolarizzazioni.

In conclusione, rispetto al periodo pre-Covid, risiede già nelle promesse del nostro Paese all’Europa che ci saranno maggiori controlli e un perseguimento più penetrante dei risultati.

FUGA DALLE GARANZIE SOSTANZIALI

Il fatto che si intenda perseguire un maggiore rispetto della legalità del sistema economico, onde evitarne le distorsioni, è un obiettivo apprezzabile e necessariamente condivisibile.

Tuttavia, da un punto di vista tecnico, non possono non sorgere preoccupazioni sui modi in cui tale missione verrà conseguita.

Almeno sul versante lavoristico.

La recente storia insegna che -come noto a chi è un po’ più avvertito in materia di controlli-, ogni volta in cui si è cercato di ottenere maggiori risultati dall’ispezione del lavoro, ciò si è realizzato con una sostanziale compressione dei diritti e dei margini di difesa dei soggetti ispezionati. Basti pensare al recente restyling dei poteri ispettivi di diffida accertativa e disposizione (cfr. art. 12 e 14, D.lgs n. 124/2004).

Del resto, neppure a seguito delle più recenti riforme dei servizi ispettivi (D.lgs n. 124/2004 e D.lgs n. 149/2015) è stata mai predisposta una regolamentazione complessiva delle procedure dei controlli ispettivi sul lavoro. Tanto da lasciare enormi e spesso irragionevoli margini di azione (es. verifiche senza limiti temporali) ai funzionari, non bilanciati da effettive garanzie difensive per i soggetti ispezionati (es. è prassi che la produzione di difese a discarico nel corso dei controlli, di norma, neppure venga menzionata nei verbali ispettivi conclusivi).

A ciò va aggiunto come sia oramai endemica l’abitudine che l’amministrazione sistematicamente rigetti o non offra risposta -con eguale effetto di diniego- ai ricorsi amministrativi che i presunti trasgressori provano ad opporre alle contestazioni. Tale propensione neghittosa costringe spesso aziende e cittadini ad aderire, obtorto collo, alle pretese degli enti; oppure a sobbarcarsi costi legali per annose vertenze, che non sempre tutti sono in grado di sostenere.

Un’ulteriore circostanza non benigna -su cui va compiuta un’importante riflessione-, è che negli anni, nel comune sentire dei Tribunali, risulta essersi oltremodo consolidata la “presunzione” di legittimità dell’azione ispettiva. In definitiva, fioccano le condanne dei privati. A prescindere dalle chiare previsioni di legge che impongono indagini e prove ispettive piene (cfr. art. 2697 c.c.; art. 6, co. 11, D.lgs. n. 150/2011), è sempre più frequente che i Giudici diano acquiescenza ai risultati dei controlli dei funzionari, pure in presenza di quadri probatori, al meglio, meramente indiziari. Con il tempo si è pure andato accentuando l’uso strisciante di assecondare inversioni dell’onere probatorio. Non una buona notizia, per chi intende tutelare un proprio diritto.

Occorre, dunque, affrontare consapevolmente il prossimo futuro che, a quanto pare, sarà ricco di “confronti” ispettivi. A tale fine non sembra affatto sufficiente accontentarsi di rassicurazioni e “dritte” sui controlli da parte delle medesime amministrazioni interessate e dei loro rappresentanti. Tali “affidamenti” non hanno mai aiutato, a quanto pare, le ragioni dei potenziali controllati.

Piuttosto, si impone necessariamente che ordini, professionisti ed associazioni aumentino le proprie specifiche conoscenze della materia e agiscano fattivamente per garantire che i diritti sostanziali di quanti siano malauguratamente ispezionati, possano davvero essere rispettati.

Per esempio, potrebbe essere molto opportuno proporre che trovi affermazione positiva in una legge il principio sostanziale, per cui solo l’addebito ispettivo circostanziato, posizione per posizione, e puntualmente (e non solo presuntivamente) provato possa essere imputato all’azienda.

IN ATTESA DEGLI ISPETTORI

Se, pertanto, l’imminente e cospicua ripresa delle ispezioni non è un’eventualità, ma una condizione ambientale prossima e certa, appare poco consigliabile, per imprese e professionisti, attendere con fatalismo l’arrivo dei funzionari. Sarebbe un’inerzia fuori luogo, in effetti, sebbene molto comune, ritenendosi solitamente l’ispezione un evento statisticamente poco probabile (circostanza peraltro non vera, soprattutto in alcuni settori).

Va presa coscienza, piuttosto, che, quando accadono, i controlli ispettivi sono spesso accadimenti dirompenti nelle vite delle aziende, che non di rado ne compromettono la stessa attività e avviamento. Per esempio, un recupero contributivo Inps, pure non fondato nei suoi presupposti, può significare contenziosi per anni, con rischi ulteriori quanto al rilascio delle certificazioni in materia di regolarità contributiva, alla perdita di commesse, a vertenze con i committenti, al mancato conseguimento del saldo delle proprie fatture. Eccetera.

Per ora, dunque, un utile suggerimento per le aziende può essere quello di approfittare di un momento di ancora relativa “pace”, verificando con i propri professionisti lo stato dei rapporti e delle situazioni di lavoro potenzialmente indagabili.

Compiere utili check up per porre rimedio ad eventuali anomalie, può costituire un ottimo investimento in chiave futura e la prima e fondamentale azione di difesa dai non improbabili controlli ispettivi.

di Mauro Parisi

[Sintesi n. 6 – Giugno 2021]