Il metodo inquisitorio di accertamento degli Istituti previdenziali contrasta con lo Statuto del Contribuente. Infatti, di prassi, le procedure non risultano in linea con l’art. 7, D.l. n. 70/2011, che estende le disposizioni della Legge n. 212/2000 anche alle attività di controllo effettuate da Inps e Inail. Con la riforma fiscale, tuttavia, vengono inspiegabilmente ridotte le garanzie di contraddittorio unicamente accordate agli accertamenti sulle imposte.
Agli accertamenti contributivi sono attribuite (quasi) le stesse garanzie rispetto a quelli fiscali, anche dopo l’entrata in vigore del D.lgs. n. 219/2023 di riforma dello Statuto del Contribuente.
Che sussista un nesso tra vigilanza di Inps e Inail e quella fiscale, in effetti, è cosa poco conosciuta, mentre è risaputo che accertamenti e contestazioni di evasioni di contributi e premi giungono spesso improvvisi, o quantomeno inaspettati con riguardo ai loro contenuti.
In effetti, quando pure è noto al contribuente che sono in corso verifiche degli Istituti, nulla si sa dei tempi di durata del controllo, ma soprattutto dei suoi obiettivi. Così, l’azione previdenziale e assicurativa si svela nei suoi contenuti di merito e negli importi recuperati solo al discrezionale momento della conclusione delle valutazioni dei funzionari.
Una posizione “scomoda”, quella del contribuente di Istituti previdenziali -come sa chi ne frequenta le dinamiche-, in quanto le contestazioni pervengono senza che sia offerta ad aziende e responsabili, come ai professionisti che li assistono, la possibilità e l’occasione di offrire la propria versione dei “fatti” e che di essa se ne tenga conto.
In effetti, l’utilizzo di un metodo inquisitorio puro, quale quello seguito da Inps e Inail, non permette fin da subito il confronto con la pubblica amministrazione, mostrandosi di difettosa garanzia.
Tale già dura condizione emerge ancor più ostile ove si consideri il fatto che l’atto di accertamento degli Istituti previdenziali costituisce fin da subito, e di per sé, valido titolo per agire alla riscossione degli importi pretesi.
È quanto infatti afferma espressamente il Codice di procedura civile, all’art. 635 (prova scritta per i crediti dello Stato e degli enti pubblici), per cui
Per i crediti derivanti da omesso versamento agli enti di previdenza e di assistenza dei contributi relativi ai rapporti indicati nell’articolo 459 [controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie], sono altresì prove idonee gli accertamenti eseguiti dall’Ispettorato del lavoro e dai funzionari degli enti.
Per cui il carattere meramente accusatorio dell’accertamento previdenziale e assicurativo (come anche di quello in materia di lavoro in generale) restringe senza dubbio possibilità e tempi delle difese del contribuente, che possono di norma trovare luogo solo successivamente all’accertamento stesso. In sostanza, quanto alle tutele, ci si è quasi sempre accontentati di “rincorrere” le determinazioni degli Istituti.
Ciò ha nel tempo determinato una condizione di notevole minorità del contribuente che ha solitamente dimenticato di tenere nella dovuta considerazione tutte le “potenzialità” che l’ordinamento effettivamente offriva.
In tal senso, proprio in materia di controlli e accertamenti è opportuno ricordare come sia stata presente, addirittura dal 2011, una disposizione che obbligava gli Istituti ad ascoltare le ragioni dei soggetti indagati, prima che l’atto di accertamento venisse definitivamente formato.
Si tratta dell’art. 7, comma 2, D.l. n. 70/2011, ancor’oggi vigente, convertito con la Legge n. 106/2011, il quale dispone come segue
Le disposizioni di cui all’articolo 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, concernente disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, si applicano anche nelle ipotesi di attività ispettive o di controllo effettuate dagli enti di previdenza e assistenza obbligatoria
Con una rapida ricerca (oramai aiutati anche solo da internet e dai facili collegamenti in rete) emerge che il motivo d’interesse della breve disposizione sta nel costituire un rinvio immediato allo Statuto del Contribuente in materia fiscale (la Legge n. 212/2000, appunto).
Il riferimento normativo -e la relativa estensione alla materia degli accertamenti previdenziali e assicurativi delle tutele fiscali previste dallo Statuto- è quello concernente “diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali” (art. 12, L. n. 212/2000).
La disposizione, appunto pensata per le verifiche in materia tributaria, ma applicabile anche a Inps e Inail, stabilisce, innanzitutto, che accessi, ispezioni e verifiche si svolgano “salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati”, durante l’orario ordinario di esercizio delle attività e “con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse”, nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente (in sostanza, non si può creare difficoltà al servizio di un ristorante, diminuendone la presenza di personale, ecc.).
Di fondamentale garanzia, quindi, la previsione per cui “quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda” (art. 12, comma 2, D.lgs n. 212/2000). Una pratica sempre disattesa dagli Istituti che non rendono noto l’oggetto delle verifiche.
Su richiesta del contribuente, poi, l’esame dei documenti può essere effettuato presso il professionista che lo assiste o gli stessi verificatori.
Un diritto che può avere ripercussioni anche sulle consuete pretese dei funzionari di ottenere la trasmissione di una grande mole di documentazione in copia.
Viene quindi espressamente previsto che dei rilievi del contribuente e del professionista debba darsi atto già nel corso dell’ispezione (perciò, di osservazioni e prime difese dovrà trovarsi traccia nei verbali di primo accesso e interlocutori).
Nel caso in cui i funzionari ritengano necessari accertamenti in azienda, essi non vi possono proseguire oltre 30 giorni in un trimestre, che diventano 15 giorni nei casi di verifiche svolte presso la sede di imprese in contabilità semplificata e di lavoratori autonomi.
Il rinvio operato dalla legge per attività ispettive, o comunque di controllo, effettuate dagli enti di previdenza e di assistenza obbligatoria, stabilisce poi che il contribuente possa rivolgersi anche al Garante nazionale del contribuente, pure nel caso in cui ritenga che i verificatori non procedano con modalità conformi alla legge.
Si tratta del ricorso all’intervento del mediatore tra i cittadini e l’Amministrazione finanziaria, istituito ora, dopo l’entrata in vigore del D.lgs n. 219/2023, a Roma (“È istituito il Garante nazionale del contribuente, organo monocratico con sede in Roma che opera in piena autonomia”). Sebbene la previsione susciti qualche perplessità “per competenza”, il Garante risulta comunque l’organismo di tutela positivamente stabilito dal legislatore anche per accertamenti di Inps e Inail.
Con la riforma dello Statuto del Contribuente, tuttavia, si viene a ricreare oggi, ancora una volta, una disparità evidente tra le garanzie accordate nelle verifiche fiscali rispetto a quelle previdenziali e assicurative. Ciò atteso che l’abrogazione del comma 7 dell’art. 12, L. n. 212/2012 ha escluso la possibilità che anche per queste ultime l’atto finale di accertamento non sia emanato prima che siano trascorsi 60 giorni dalla comunicazione di chiusura delle verifiche. In precedenza, invece, anche a Inps e Inail “il contribuente [poteva] comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che [erano] valutate dagli uffici impositori”. Per cui, solo trascorso detto periodo -e comunque con presa d’atto sufficiente delle comunicazioni del contribuente- poteva essere formato e notificato un valido atto di accertamento.
Una possibilità ora riproposta solo per le verifiche fiscali dal nuovo art. 6 bis, L. n. 212/2023, introdotto dal D.lgs n. 219/2023, relativo al “principio del contraddittorio”
Per consentire il contradditorio, l’amministrazione finanziaria comunica al contribuente, con modalità idonee a garantirne la conoscibilità, lo schema di atto [impugnabile], assegnando un termine non inferiore a sessanta giorni per consentirgli eventuali controdeduzioni ovvero, su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo.
In definitiva, la riforma dello Statuto del Contribuente entrata in vigore il 18 gennaio 2024, sia pure indirettamente, viene ad accentuare nuovamente gli aspetti inquisitori delle verifiche degli Istituti previdenziali, riducendo le garanzie del contribuente degli Istituti, rispetto a quelle che erano state conquistate con l’originario art. 7, co. 2, D.l. n. 70/2011.
di Mauro Parisi