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Avrà conseguenze pratiche e immediate la previsione del Decreto fiscale relativa alle nuove competenze dell’Ispettorato Nazionale, in materia di igiene e sicurezza del lavoro. Infatti, alla tradizionale competenza omnibus dei funzionari delle Aziende Sanitarie si affianca, oggi, quella parallela degli ispettori del lavoro e dei Carabinieri. Così per le imprese crescono notevolmente i rischi di controlli, sanzioni e di sospensioni dell’attività.

Una delle nozioni tradizionalmente più consolidate in materia di vigilanza sull’igiene e la sicurezza del lavoro, è stata per lungo tempo quella per cui il generale controllo sull’applicazione della relativa legislazione nei luoghi di lavoro doveva essere svolto “dalla Azienda Sanitaria Locale competente per territorio”.

L’articolo 13 del Decreto legislativo n. 81/2008 -il c.d. T.U. Sicurezza-, precedentemente all’entrata in vigore del Decreto legge n. 146/2021, che lo ha modificato profondamente, riservava solo alcuni e residuali ambiti d’intervento all’ex-personale del Ministero del lavoro -ora confluito nell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Inl)-. Soprattutto con riferimento al settore edile. Ma era palese che padrone della partita, anche in relazione alla vigilanza in materia, dovevano essere considerate le Regioni.

Del resto, ciò è avvenuto non senza buone ragioni che affondano le proprie radici nel complesso riparto di competenze legislative, tra Stato e Regioni, di cui all’attuale art. 117 della Costituzione. Tale previsione fondamentale stabilisce, tra l’altro, come la disciplina della “tutela e sicurezza del lavoro”, rientri tra quelle per cui vige legislazione concorrente tra Stato e Regione. Vale a dire che, per espressa indicazione costituzionale, “spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.

La conseguenza di ciò potrebbe essere quella per cui, se una Regione decidesse di elaborare un proprio Testo Unico sulla Sicurezza del lavoro, nel rispetto dei principi fondamentali statali, ben lo potrebbe fare.

Con quali potenziali conseguenze, ciascuno lo può osservare da sé.

Ma se, tutto sommato, la potestà legislativa regionale sul punto è stata solo marginalmente esercitata, ben altra sorte è toccata alla parallela competenza amministrativa in materia, ampiamente, nonché quasi esclusivamente, praticata dagli organi regionali.

Con il Decreto Fiscale, tuttavia, cambiano le carte in tavola. Tralasciando di valutare quali potranno essere i sentimenti e le reazioni delle Regioni al riguardo, dalle aumentate competenze concesse all’Inl, dovranno innanzitutto trovare soluzione nuovi equilibri istituzionali.

Basti considerare che nella sua nuova formulazione, l’articolo 13, T.U. Sicurezza, rammenta come adesso la vigilanza in questione, fermo il coordinamento nazionale di indirizzo e quello regionale di programmazione, vada esercitata a livello provinciale con azioni di promozione e coordinamento sul piano operativo da parte, tanto delle Aziende Sanitarie Locali, quanto dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro (Itl). Come ciò avverrà nella pratica, lo si scoprirà a breve.

Così per l’art. 13, T.U. Sicurezza.

Le nuove competenze

La vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro é svolta dalla Azienda sanitaria locale competente per territorio, dall’Ispettorato nazionale del lavoro e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco

… . A livello provinciale, nell’ambito della programmazione regionale …, le Aziende sanitarie locali e l’Ispettorato nazionale del lavoro promuovono e coordinano sul piano operativo l’attività di vigilanza esercitata da tutti gli organi di cui al presente articolo.

In ogni caso, ciò che è senz’altro prevedibile attendersi, concerne un’aumentata attenzione alla vigilanza sul rispetto della sicurezza del lavoro e interventi “bicefali” -ossia condotti indifferentemente da funzionari delle Aziende sanitarie o degli Ispettorati, ci si augura nel loro reciproco coordinamento- presso le imprese, operanti in tutti i settori di attività.

In sostanza, se prima dell’entrata in vigore del Decreto legge n. 146 del 2021 l’intervento direttamente riferito alla sicurezza sul lavoro da parte degli ispettori dell’Itl -per esempio, presso un pubblico esercizio-, era da considerarsi tendenzialmente illegittimo (se non nell’ambito degli angusti margini di legge), ora la medesima azione potrà sempre svilupparsi a pieno titolo e validi risulteranno tutti i conseguenti provvedimenti di accertamento e contestazione eventualmente assunti.

Non può che osservarsi come, in presenza di tali presupposti, per le aziende aumentano sensibilmente i rischi di rilievi, contestazioni e sanzioni. Non solo per la spiccata -oltre che ampiamente preminente- vocazione al controllo e alla repressione dell’Inl e dei suoi funzionari. Ma anche poiché di sicurezza sul lavoro in seno agli Ispettorati Territoriali del lavoro, si occupano in modo assiduo i Carabinieri dei relativi Nuclei, usualmente molto rigorosi nelle verifiche e nelle denunce. Inoltre -se non soprattutto-, a causa della nuova estensione del perimetro di operatività dell’istituto della sospensione dell’attività imprenditoriale, prevista dal riformato art. 14, T.U. Sicurezza (Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori).

La novellata previsione stabilisce la possibilità di sospendere l’attività dell’impresa a fronte di rilievi di irregolarità del lavoro più stringenti rispetto al passato (“l’Ispettorato nazionale del lavoro adotta un provvedimento di sospensione, quando riscontra che almeno il 10 per cento dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell’accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro”).

Va però ricordato che gli effetti definitivi del provvedimento di sospensione (blocco dell’attività considerata; esigenza di regolarizzare i rapporti di lavoro segnalati; versamento di una notevole somma aggiuntiva), conseguono ad accertamenti ispettivi usualmente sommari e incompleti, assunti naturalmente “su due piedi”, in difetto del tempo necessario per gli spesso indispensabili, ulteriori approfondimenti (per esempio, in ordine all’effettivo carattere di rapporti di lavoro considerati). Una circostanza “aggravata” ora dalla previsione che l’adozione della sospensione deve intendersi, per legge, obbligatoria, non essendo più lasciata a valutazioni del caso da parte dei funzionari.

Non potendosi accettare l’idea dell’esistenza di una strisciante presunzione di colpevolezza, per le imprese la nuova previsione segna e aggrava una condizione di già notevole minoritas, non bilanciata da previsioni di praticabili difese, che possano essere condotte in modo tempestivo e utile (quale non può certo dirsi essere il pure previsto e poco incisivo ricorso amministrativo all’Ispettorato interregionale), al fine di scongiurare gli effetti di infondate sospensioni.

A ciò va aggiunto che gli ispettori del lavoro dovranno sospendere l’attività ogni volta che riscontreranno le “gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro di cui all’Allegato I” del T.U Sicurezza.

Affinché un’attività sia sospesa dagli ispettori del lavoro per quest’ultima casuale, in definitiva, sarà sufficiente il supposto riscontro di una sola delle infrazioni previste (non è più necessaria la reiterazione). Tra cui, per esempio, la ritenuta mancata formazione e addestramento del personale.

Riguardo all’operatività della misura e alle dinamiche sanzionatorie relative alla sospensione dell’attività imprenditoriale, nell’ambito delle nuove competenze in materia di sicurezza del lavoro, si è espresso di già l’Inl, con la Circolare n. 3 del 9 novembre 2021.

Così per la Circolare Inl n. 3/2021, su art. 14, T.U., sospensione impresa e sanzioni

Nelle ipotesi di lavoro irregolare, sono previsti due differenti importi: se il numero dei lavoratori irregolari non è superiore a cinque l’importo è pari a 2.500 euro, se superiore a cinque la somma aggiuntiva è pari a 5.000 euro. Nei casi di sospensione per motivi di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro la somma aggiuntiva è indicata nell’Allegato I in riferimento a ciascuna violazione…

FATTISPECIE IMPORTO SOMMA AGGIUNTIVA
Mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi Euro 2.500

 

Mancata elaborazione del Piano di Emergenza ed evacuazione Euro 2.500

 

Mancata formazione ed addestramento Euro 300 per ciascun lavoratore interessato

 

Mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile Euro 3.000

 

Mancata elaborazione piano operativo di sicurezza (POS) Euro 2.500

 

Mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto Euro 300 per ciascun lavoratore interessato

 

Mancanza di protezioni verso il vuoto Euro 3.000
Mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla

relazione tecnica di consistenza del terreno

Euro 3.000

 

Lavori in prossimità di linee elettriche in assenza di disposizioni organizzative e procedurali

idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi

Euro 3.000

 

Presenza di conduttori nudi in tensione in assenza di disposizioni organizzative e procedurali

idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi

Euro 3.000

 

Mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianto di terra, interruttore

magnetotermico, interruttore differenziale)

Euro 3.000

 

Omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza

o di segnalazione o di controllo

Euro 3.000

 

… Laddove siano state riscontrate più violazioni – concernenti le fattispecie indicate nell’Allegato I e/o l’impiego di lavoratori “in nero” – l’importo utile alla revoca sarà dato dalla somma di quanto indicato accanto a ciascuna fattispecie di cui all’Allegato I e/o di quanto indicato dalla normativa in relazione all’impiego di lavoratori irregolari.

Va inoltre segnalato che, ai sensi del nuovo comma 10, “le somme aggiuntive di cui alle lettere d) ed e) sono raddoppiate nelle ipotesi in cui, nei cinque anni precedenti alla adozione del provvedimento, la medesima impresa sia stata destinataria di un provvedimento di sospensione”. Sul punto si evidenzia che, laddove l’Ufficio sia a conoscenza della adozione, nei cinque anni precedenti, di un provvedimento di sospensione a carico della medesima impresa, anche sulla base della previgente normativa e anche in forza di violazioni diverse da quelle da ultimo accertate, si provvederà a raddoppiare gli importi delle “somme aggiuntive” dovute, evidenziando nel provvedimento la sussistenza della “recidiva” che ha dato luogo alla maggiorazione degli importi.

La prima impressione che emerge dal conferimento dei nuovi poteri in discorso all’Ispettorato Nazionale del Lavoro è che essi potranno determinare, almeno in termini di dinamiche ispettive e azioni repressive -anche nell’ambito della più ampia azione di vigilanza in materia di lavoro già praticata-, un effettivo sorpasso dell’incidenza sostanziale dell’azione degli ispettori del lavoro (destinati presto a crescere numericamente) in materia di sicurezza, rispetto a quella dei colleghi delle Azienda sanitarie locali.

Per imprese e professionisti, in quasi tutti i settori abituati a confrontarsi con i metodi territorializzati di questi ultimi enti -invero variabili di luogo in luogo-, ciò significa fin da ora alzare la guardia e non farsi trovare impreparati ai nuovi canoni di confronto con le sedi dell’Inl e i suoi funzionari. I cui controlli possono d’ora innanzi senz’altro dirsi improntati allo scrutinio di tutta la materia del lavoro e della legislazione sociale, con verifiche delle aziende a 360°.

di Mauro Parisi

[Sintesi n. 11/2021]