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Cosa accade se una amministrazione fa “obiezione di coscienza” e si rifiuta di procedere nei modi che pure la legge prevede?

Benissimo, potrà dire qualcuno, una in meno. In realtà, la situazione è un po’ più complicata e meno “rassicurante” di come sembrerebbe. Per fare esempio recente, prendiamo il caso dell’Agenzia delle entrate. In materia di contrasto al lavoro sommerso la legge n. 183 del 2010 ha disposto che sono competenti ad accertare e contestare illeciti in materia di lavoro nero “gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza” (art. 3, legge n. 73/2002). A questo punto, visto il tenore della legge, con propria circolare n. 38 del 2010, il Ministero del lavoro non ha potuto fare a meno di annoverare tra gli organi competenti a “irrogare la maxisanzione”, oltre agli stessi ispettori del Ministero, quelli di “Inps, Inail, Enpals, Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane, Guardia di finanza ecc”. Tutto chiaro, quindi? No, per nulla. Con la nota del 28 aprile scorso (prot.n. 2011/49819), infatti, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto di dovere sollevare il personale ispettivo della stessa Agenzia dal procedere alle contestazioni di illeciti in materia di lavoro nero, adducendo a causa la “specificità dei poteri assegnati alle strutture e al personale dell’Agenzia delle entrate e …[le] differenze con quelli, altrettanto specifici, degli “organi” ispettivi del lavoro”.

Ha così considerato che “le recenti modifiche normative in materia di sanzioni relative all’impiego di lavoro irregolare non svolgono riflessi sulle modalità di partecipazione dell’Agenzia alla lotta al lavoro sommerso”. Che significa questa presa di posizione? Che i funzionari dell’Agenzia delle entrate, anche quando pure li constateranno, non contesteranno gli illeciti per lavoro sommerso. Quindi, in tali casi, nessuna sanzione? Assolutamente no. Con nota del 6 giugno scorso il Ministero del lavoro ha preso atto del “rifiuto” a procedere dell’Agenzia delle entrate e ha disposto che siano le “Direzioni del lavoro a volersi uniformare a tale orientamento, adottando gli eventuali provvedimenti sanzionatori che scaturiranno dai verbali trasmessi dalla stessa Agenzia”. Qualcuno potrà a questo punto dire: beh, allora non cambia nulla. Se la contestazione dell’illecito arriverà dai notiziati Uffici del lavoro, anziché dalle Agenzie delle entrate accertanti, per chi trasgredisce sarà comunque comminata una bella maxisanzione. Certo. Con la differenza, però, che quest’ultimo modo di procedere viola l’espressa disposizione di legge e invalida l’intera procedura sanzionatoria.

Solo chi accerta il fatto contra ius, infatti, se organo competente a farlo (come nel caso anzidetto) può anche contestare l’illecito (art. 14, legge n. 689/1981). Ciò vale a dire che, dal “rifiuto” a procedere dell’Agenzia delle entrate potrebbe sorgere un vizio sostanziale dell’attività ispettiva (comunque da valutare caso per caso) e la possibilità di un’eccezione vincente per i soggetti ispezionati. Situazioni non dissimili, del resto (quantunque “striscianti” e meno palesi), si stanno verificando su tutto il territorio nazionale, lì dove vari soggetti pure competenti a contestare il lavoro irregolare preferiscono fare intervenire i soggetti che tradizionalmente se ne sono sempre occupati. Ciò avviene, per esempio, in quei casi in cui forze di polizia (che pure hanno compiuto un vero e proprio accertamento) procedono a una mera “informativa” agli Uffici del lavoro, affinché provvedano alle previste verbalizzazioni, quando dovrebbero fare essi stessi luogo a un formale e immediato atto di contestazione dell’illecito al soggetto ispezionato. Scoprire se la contestazione è nulla non sempre è facile. Vanno letti bene i verbali di accertamento che vengono notificati e scoprire chi ha davvero proceduto, come lo ha fatto e cosa ha scoperto. Se, come abbiamo visto poc’anzi, i “conti” non tornano… beh, allora ci si deve tutelare ricorrendo nei modi di legge, sicuri di avere ragione. Fortunatamente, nel nostro ordinamento forma e sostanza devono ancora correre di pari passo.

di Mauro Parisi

[The World of Il Consulente n. 8/2011]