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Quali sono i veri rischi delle “distrazioni” nei mesi più caldi e le necessarie strategie

L’estate si avvicina, come il desiderio incomprimibile di una sospirata vacanza. Ma è noto a tutti –professionisti in testa- che, specie il periodo che approssima alla tregua agostana, reca il rischio di deprecabili disattenzioni e “cali di tensione”. Nulla di peggio e da evitare, pena conseguenze anche economicamente molto rilevanti.

Tra i moltissimi pericoli che insidiano i mesi caldi vi è quello recato dalle possibili “distrazioni” delle aziende. Impegnate nelle pratiche di “chiusura”, tendono a non avvedersi di buste, raccomandate e, in genere, notifiche provenienti dalla Pubblica Amministrazione.

Quanti sono i professionisti che –rigorosamente solo dopo le ferie estive si sentono rivolgere un: “scusi, a proposito, mi era arrivato anche questa prima di ferragosto. Possiamo fare qualcosa?”

Non pochi forse sanno che anche le Pubbliche Amministrazioni –benché non ufficialmente- conoscono periodi di “chiusura”. In effetti, gli uffici pubblici non chiudono mai, dovendo garantire comunque la necessaria continuità della loro mission. Tuttavia, in taluni momenti –specialmente prefestivi (estate e Natale, innanzitutto)- i funzionari, e i loro uffici, sono soliti prepararsi alle proprie ferie (quelle sì, ci mancherebbe, “inevitabili”), svuotando gli “armadi”. Cioè, “liberandosi” delle pratiche ancora in trattazione e pendenti, predisponendole e notificandole ai malcapitati, già con la valigia in mano.

Tra le molteplici situazioni ipotizzabili, specie con riguardo ad accertamenti e provvedimenti relativi a controlli e ispezioni, alcune sono emblematiche.

Immaginiamoci il caso che sia il giorno 29 luglio 2016 (un venerdì, quest’anno) e che, ahimè, proprio in quel giorno, venga notificato all’azienda e al suo legale rappresentante uno degli atti di seguito elencati. La prima domanda, in tali casi, potrebbe opportunamente essere: con quali cautele –e spirito deve andare in vacanza l’amministratore di quell’azienda? E cosa deve pensare -e soprattutto fare- il suo consulente del lavoro?

Vediamo.

 

Avviso di addebito dell’INPS

Se viene notificato in data 29 luglio un Avviso di addebito da parte dell’Istituto di previdenza (ma lo stesso varrà per una cartella esattoriale da parte di qualunque altro ente), la prima avvertenza è rispondere alla seguente domanda: si vuole/può pagare oppure no?

Se si intende pagare, possiamo andare in vacanza sereni (diciamo) perché si avranno 60 giorni di tempo (dunque, fino agli ultimi giorni di settembre) per provvedere al pagamento, eventualmente anche richiedendo la prevista rateazione.

Ma se l’azienda non intende pagare, le cose si complicano un poco. Poiché, in tale ipotesi essa avrà solo 40 giorni per opporsi e fare valere le sue ragioni. Attenzione: nessun termine di sospensione feriale dei processi vale in questi casi.

Perciò, l’amministratore –assistito molto utilmente dal suo consulente del lavoro- dovrà attivarsi per individuare senza ritardo un avvocato disponibile a sacrificare almeno qualche giorno delle sue ferie, al fine di predisporre un utile atto di opposizione. Con cui, tra l’altro, richiedere anche la fondamentale sospensione temporanea dell’Avviso.

Il termine per l’opposizione è previsto dal decreto legislativo 46/1999 e se trascorrono i predetti 40 giorni (che nel nostro caso spireranno nei primi giorni di settembre) la “partita” è chiusa. Il credito verso l’INPS si

consolida (si forma una sorta di “giudicato”) e non c’è più alcunché da fare: occorre pagare e basta.

Attenzione però: se il nostro “punto forte” sono alcuni vizi dell’Avviso di addebito, il nostro termine sarà ancora più breve: solo 20 giorni per farli valere. A pena di decadenza.

Insomma, un Ferragosto di lavoro.

 

Ordinanza-ingiunzione dell’ispettorato del lavoro

Nel caso alla nostra azienda dovesse pervenire un’ordinanza-ingiunzione da parte del Ministero del lavoro (caso, tutt’altro che infrequente nel periodo estivo e natalizio) o dell’imminente Ispettorato Nazionale del lavoro –che erediterà tutte le posizioni del primo-, la situazione necessiterà di sangue freddo. E delle opportune conoscenze.

Innanzitutto, vi è da sapere che l’ordinanza-ingiunzione ai sensi dell’art. 18, legge 689/1981, è il titolo con cui si irrogano formalmente le sanzioni amministrative (gli ispettori non irrogano alcunché, limitandosi a “riportare” nei loro verbali somme predefinite).

L’ordinanza va opposta entro un termine ancora più breve di quello –già breve- previsto per l’Avviso di addebito. Ossia, 30 giorni.

Un vero “dramma” per un’azienda in procinto di andare in vacanza.

Ma, fortunatamente, questa volta opererà la sospensione feriale del processo ex R.D. 12/1941, da ultimo modificato dal D.L 132/2014, in quanto giudizio escluso dalla sospensione legale. Dall’1 al 31 agosto, quindi,

i termini non correranno, riprendendo a farlo a settembre. Per cui, per l’elaborazione e il deposito dell’opposizione si potrà ragionare sulla fine di settembre.

È molto utile osservare che, malgrado le pretese di talune Direzione del lavoro, e quantunque il giudizio di opposizione oggi sia disciplinato dal rito del lavoro (in effetti, ai sensi del decreto legislativo n. 150/2011, si

tratta di un rito del lavoro “stralciato” e imparziale), è chiaro che i contenziosi in discorso non rientrano affatto nella “materia del lavoro”. L’oggetto del contenzioso sono, appunto, gli illeciti amministrativi e le relative sanzioni, quantunque in ambito lavoristico.

Al riguardo, dopo le pronunce della Suprema Corte (Cass. civ., Sezioni Unite, 27-05-2009, n. 12244), per superare definitivamente ogni perplessità e le tesi antagoniste, nel merito, si veda, ex multis, Tribunale di Livorno, sentenza n. 206 del 27 aprile 2016 (“non trattandosi dunque di controversia di lavoro o previdenza, bensì di giudizio avente ad oggetto sanzioni amministrative, a norma dell’art 3 legge 742/1969 ne consegue che i termini per la proposizione del ricorso in opposizione ad ordinanza ingiunzione soggiacciono alla sospensione feriale”).

Perciò, l’azienda avrà un po’ più di agio -ma, a ben pensarci, davvero poco di più-, dovendo essere subito pronta ad “agire” al ritorno dalle vacanze. Va appena rammentato che il presunto trasgressore e il legale rappresentante dell’azienda (spesso la medesima persona), in questo caso potrebbero agire anche personalmente di fronte al Giudice (che questa volta, si noti bene, è quello ordinario, non quello del lavoro). Eppure la cosa non sembra solitamente consigliabile per i troppi necessari tecnicismi.

Va rimarcato che, a seguito del Jobs Act, sono stati “cancellati” tutti i ricorsi amministrativi esperibili nel passato avverso le ordinanze-ingiunzione. Dunque, oggi non sono più possibili le rapide –ed economiche-

difese presso gli Uffici pubblici, che davano anche modo di sperare e di “respirare” un poco, prendendo tempo per preparare le migliori difese in giudizio.

 

Verbali di recupero di contributi omessi

Se il 29 luglio 2016 venisse comunicato all’azienda un verbale di accertamento di omessa contribuzione e di richieste di somme accessorie, le vacanze non rischiano per forza di essere compromesse (quantunque possa rimane un retrogusto amaro), purché siano chiari alcuni importanti aspetti.

In primo luogo, nel verbale di constatazione delle somme omesse viene riportato l’invito a regolarizzare la propria posizione con il versamento di quanto richiesto. Questo entro 30 giorni (e, quindi, nel nostro caso, entro il 28 agosto).

Nel corso di tale pendenza, l’azienda risulterà regolare ai fini contributivi. Successivamente, ove non si sia versato, o si sia stati autorizzati alla rateazione, l’azienda diverrà irregolare ai fini del DURC on-line. Vale a dire un bel guaio per moltissime aziende, che al ritorno delle vacanze si ritroveranno “scoperte”, rispetto ai sempre più necessari requisiti di correntezza.

Per tornare tecnicamente regolari (come accade in pendenza di vertenze, diverse dalle opposizioni ad avvisi e cartelle esattoriali), tuttavia, sarà sufficiente presentare un impugnativa del detto verbale in sede amministrativa. Il termine per impugnare in materia è, di regola (cfr. l. 88/1989), di 90 giorni. Quindi, ne potranno seguire altri 90 per la decisione dell’amministrazione.

Visto che solitamente l’amministrazione non risponde affatto ai ricorsi presentati -puntando direttamente al cd. silenzio-rigetto previsto dalla legge (cioè, l’omissione

che vale come decisione negativa)-, ciò sta a significare che durante tutto il periodo di attesa (quasi sempre vana) dell’esito del ricorso, l’azienda rimane, comunque sia, regolare ai fini del DURC.

In definitiva, se l’intenzione non è quella di pagare tempestivamente, il suggerimento potrebbe essere quello che, entro la fine del mese di agosto, si riesca a presentare ricorso (che potrebbe essere pure poco argomentato: l’importante è che vi sia).

Il consiglio è, però, che sul farsi -la strategia, insomma-, si decida subito, senza attendere il ritorno dalle ferie.

Verbali di contestazione di illeciti amministrativi

Infine, se il 29 luglio dovesse pervenire una verbale di accertamento che contestasse illeciti amministrativi in materia di lavoro, le situazioni da considerare sarebbero variegate.

Proviamo a riassumere.

Se il verbale contesterà all’azienda solo illeciti amministrativi di cui non è ammessa la regolarizzazione (per esempio, per in materia di appalti illeciti), avremo a nostra disposizione solo il termine per pagare la cd.

somma in misura ridotta (che non coincide con il minimo edittale). In definitiva, avendo 60 giorni per ragionare se pagare o meno, l’azienda potrà chiudere, lasciando ogni decisione e azione per il rientro.

Se, invece, gli illeciti contestati sono sanabili ex art. 13, D.Lgs 124/2004, l’azienda dovrà decidere sul da farsi. Se si intende regolarizzare, si avranno 30 giorni per procedervi (per esempio: a comunicazioni; registrazioni; consegna di documenti ai lavoratori; eccetera). Dunque, entro fine agosto si sarà dovuto provvedere a tutto (e si dovrà versare nei giorni successivi, la somma “minima” prevista).

Se la regolarizzazione riguarderà illeciti già sanati prima del verbale (cd. ora per allora), vi potrà essere solamente il pagamento della somma al “minimo”. Tale versamento dovrà avvenire entro 15 giorni. Cioè, poco prima di Ferragosto.

Nell’uno e nell’altro caso, è comunque opportuno che l’azienda assuma una decisione strategica immediata e individui chi, eventualmente, dovrà provvedere materialmente a ogni richiesto adempimento. Qualcuno,

in sostanza, che sacrifichi alcuni giorni (o, se è fortunato e bravo, qualche ora) della sua vacanza.

Ecco, in sintesi, un breve vademecum di “primo soccorso” da tenere a portata di mano nei giorni più caldi dell’anno, se la Pubblica Amministrazione inviasse, malauguratamente, “qualcosa” di poco simpatico.

di Mauro Parisi

[Sintesi n. 5 – Maggio 2016]